Scendo in piazza e danzo

Fotografia di Filippo MarollaMaschera realizzata con l’aiuto dell’artista Thierry Bouffeteau

Fotografia di Filippo Marolla

Maschera realizzata con l’aiuto dell’artista Thierry Bouffeteau

Condivido poche parole, sogni e bisogni.

Difronte alle difficoltà sorte in questo periodo e davanti alla sensazione di impossibilità nel mettere in opera ciò per cui studio e per cui lavoro, nel campo dell’arte e della danza, da poco più di un mese sperimento, provo un’alternativa. Scendo in strada e condivido ciò che ho e ciò che non so, ciò che amo, che ricerco e per cui mi sono formata. Vivo, incontro la vita quotidiana e danzo, piuttosto che rimanere davanti ad un computer a scrivere l’ennesimo progetto da lasciare in archivio a prendere polvere.

Vado a piazza Navona  a danzare,  con l’idea di coltivare arte e cultura, di lavorare e innaffiare, tramite il movimento del corpo e della danza, questa terra che chiama per il nostro nostro sudore e il nostro pensiero affinché ci sia un futuro migliore. Una performance per-formare uno spazio d’arte e di vita, in cui immergersi, perdersi e sognare. Insensata è per me l’attesa di una riapertura e di una ripartenza soffocanti.

 

Invito i curiosi a passeggiare a piazza Navona

Tutti i sabati e le domeniche di Luglio, tra le 18:00 e le 20:00, sarò lì a danzare, passeggiare, immaginare con voi.


A seguire qualche fotografia ed un testo che porto con me in piazza tratto dal libro “E i nostri volti, amore mio, leggeri come foto” di John Berger. 

Fotografia di Filippo Marolla

Fotografia di Filippo Marolla

«Mi trovavo in quello stato tra veglia e sonno da cui si può vagare nell’ una o nell’ altra direzione. Allontanarsi nel sogno oppure riaprire gli occhi e riprendere contatto con il proprio corpo, la stanza, i corvi che gracchiano nella neve fuori dalla finestra. Ciò che distingue tale stato dallo stato di veglia piena è che non c’è distanza tra parola e significato. E’ il luogo della nominazione originaria. E da lì mi sono visto prima di nascere, più di nove mesi prima di venire al mondo. La vita-a-venire nell’ utero era forse più remota di quanto non lo sia ora la morte. Venire concepito era un richiamo a farmi avanti, ad assumere una forma. Eppure questa esistenza anteriore, sebbene priva di forma, non era né vaga né neutra. (Dico neutra, piuttosto che neutrale, perché aveva la carica sessuale propria della sessualità indifferenziata). Ero senza luogo e così innocente. Irrilevante e così invulnerabile. Ma anche felice. La sola immagine di questa felicità, la sola merce di contrabbando che potevo far entrare di nascosto da quella frontiera di piena e assoluta veglia, non era l’immagine di me stesso – perché essa non esisteva di certo dall’ altra parte della frontiera-, ma l’immagine di qualcosa di diverso da me: la superficie piatta di una roccia, un sasso su cui scorre continua una pelle d’acqua» - John Berger-

Fotografia di Filippo MarollaMaschera realizzata con l’aiuto dell’artista Thierry Bouffeteau

Fotografia di Filippo Marolla

Maschera realizzata con l’aiuto dell’artista Thierry Bouffeteau

Fotografia di Filippo Marolla

Fotografia di Filippo Marolla