Cosa ci può insegnare la danza oggi: ripensando il fare

Foto di Cristina Valdivielso Garcia

Foto di Cristina Valdivielso Garcia

Questo testo ha preso forma in seguito ad una raccolta di riflessioni, riguardanti la figura ed il ruolo del danzatore* oggi, di attuali e futuri antropologi, artisi, attori, avvocati, biologi, danzatori, economisti, filosofi, imprenditori, interpreti, medici, ostetriche, e psicologi. Le citazioni riportate nel testo sono estratti delle riflessioni ricevute. Grazie quindi a Meszerics Andras, Annapaola Backalov, Anna Laura Bussa,  Maya M. Caroll, Tommaso Cattan, Tiziana Ceccarelli, Mario Costa, Cristina Cusenza, Riccardo De Simone, Livia Fatone, Tita Fioravanti, Giorgia Gasparetto, Chiara Giraldi, Serena Emiliani, Anna Impuntura, Pino Insegno, Jakob Jautz, Paola Liguori, Caterina Lorenzi, Nicole Marcovecchio, Filippo Marolla, Laura Marolla, Antonella Massimo, Madalina Mihai, Caterina Murano, Gabriella Pacini, Carla Piccari, Daniela Piccone, Francesca Preziosi, Flavia Prosperi, Maria Teresa Rocchi, Lotta Sandborgh, Marcello Santoni, Andrea Satta, Lucia Sauro, Matteo Scalpelli, Cinzia Sità, Rebecca Sonnino, Vanni Sposato, Silvia Wagner per partecipare.

 *in questo testo viene utilizzata la forma al maschile per facilitare la lettura; è un maschile inclusivo di ogni genere.

“Capo, per cima, o principio; fronte spalle, avanti e dietro; occhi delle viti, e quelli che si dicono lumi ingredienti delle case; bocca, ogni apertura; labro, orlo di vaso, o d’altro; dente d’aratro, di rastello, di serra, di pettine; barbe, le radici; lingua di mare; fauce, o foce di fiumi, o monti; collo di terra; braccio di fiume; mano per picciol numero; seno di mare, il golfo; fianchi, e lati i canti; costiera di mare; cuore per lo mezzo, ch’umbilicus dicesi da’ Latini; gamba, o piede di paesi, e piede per fine; pianta per base, o sia fondamento; carne, ossa di frutte; vena d’acqua, pietra, miniera; sangue della vite, il vino; viscere della Terra; ride il Cielo, il Mare; fischia il vento; mormora l’onda; geme un corpo sotto un gran peso; [...] l’uomo ignorante si fa regola dell’Universo; siccome negli esempli arrecati egli di sè stesso ha fatto un’intiero Mondo: perchè come la Metafisica Ragionata insegna, che homo intelligendo fit omnia; così questa Metafisica Fantasticata dimostra, che homo non intelligendo fit omnia; e forse con più di verità detto questo, che quello; perchè l’uomo con l’intendere spiega la sua mente, e comprende esse cose; ma col non intendere, egli di sé fa esse cose, e col transformandovisi lo diventa”

Giambattista Vico, La scienza nuova

Se ora, mentre leggiamo, ci immobilizziamo -proprio come quando mettiamo in pausa un film, un video su Youtube o una canzone-  e restiamo fermi, un attimo, qui, seduti a leggere; se portiamo l’attenzione a tutto ciò che sta accadendo attorno a noi, ci accorgiamo che costantemente il nostro sistema nervoso seleziona informazioni e sensazioni all’interno del nostro campo visivo ed esperienziale. Ogni cosa è in costante trasformazione e movimento. Dentro, all’infuori e tramite il confine delle nostre pelli. L’esistenza mutevole è, esiste indipendentemente dalla nostra attenzione o riconoscenza. Se, leggendo, abbiamo davvero avuto la prontezza nel rimanere congelati in quella posizione in cui ci trovavamo, possiamo notare i residui di movimento negli occhi, che per leggere vanno da sinistra a destra. Così come, probabilmente, il movimento di due dita o del polso per scorrere il testo sullo schermo. Il respiro. Il battito cardiaco. La postura del nostro corpo; seduto, sdraiato o in piedi che sia. Strati di tessuto muscolare, miofasciale, interconnessi. Ossa, silenziose. Dettagli offuscati nella nostra visione periferica; suoni dimenticati o così lontani da essere quasi impercettibili. Le pareti, il soffitto della stanza, coesistono con tutto ciò che va oltre il nostro campo visivo. Un cielo è sempre sopra di noi, ed una stessa univoca terra connette i nostri piedi.

Foto di Cristina Valdivielso Garcia

Foto di Cristina Valdivielso Garcia

In questi giorni di distanziamento sociale fisico, molte delle mie riflessioni si sono rivolte al mondo della danza contemporanea, e si sono chieste sul ruolo che possono avere oggi coloro che esercitano la propria professione in campo. Raccogliendo riflessioni, sia da persone coinvolte direttamente in questo settore, che da professionisti dei più variegati campi di studio, sono emerse diverse immagini per pensare alla vita, alla quotidianità, e a quell’impulso che porta ognuno di noi al fare e al produrre, senza essere in grado di accettare o vivere stati di noia e di lentezza.

Ciò di cui oggi possiamo fare esperienza -massivamente- è che questa pandemia ci ha posto di fronte ad un vuoto e ad un tempo libero ingestibili. Volenti, nolenti o incoscienti, siamo abituati ad una “normalità” di consumo tale da raggiunge il futile e lo spreco, muovendoci ad un ritmo spaventosamente accelerato. In “La società della stanchezza” (2012) il filosofo sudcoreano Byung-Chul Han ci parla di un’iperattività a cui non siamo sottoposti solamente da uno sfruttamento esterno, ma a cui ci autosottoponiamo individualmente. Ne sono un esempio tutti i lavoratori autonomi precari. Per Han, nell’iper-azione l’attività si traduce in un’iper-passività, in cui si seguono impulsi e stimoli senza presa di coscienza e senza opporre alcun tipo di resistenza: «invece della libertà, essa produce nuove costrizioni. Ѐ un’illusione credere che tanto più si è attivi, tanto più si è liberi».

In quest’impulso di iperattività oggi ho riconosciuto me stessa, ed è proprio partendo da questa presa di coscienza che propongo delle riflessioni. Anche l’arte e la cultura hanno reagito a questa incognita pandemica con un certo iperattivismo. Dalle gite virtuali in mostre e musei gratuite, a spettacoli teatrali, opere e balletti in streaming, così come classi di danza, yoga e ginnastica online. Gesti di coesione e di aiuto reciproco che però alla fine ci trattengono, ancora una volta, davanti ad uno schermo. Non volendo dimenticare la precarietà della situazione del lavoratore dello spettacolo, e neppure il il fatto che comunque rientriamo in quella minoranza privilegiata dal poter rimanere a casa, mi chiedo se questo sia davvero ciò che l’arte, e più specificatamente la danza, abbiano da offrire in questo momento e se, per il raggiungimento di una condizione di autosufficienza e per la costruzione di una vita così come la desideriamo, possiamo davvero dedicarci a ciò che più ci interessa e ci muove.

«La pandemia, nel mio paese di origine, nella mia città di residenza, mi ha detto che io, come danzatore, per lo Stato non esisto. Insomma, si, mi dicevo: io non sono un medico. Io non sono un ingegnere. Non insegno nella scuola pubblica. Ho incominciato ad essere investita da tutta una serie di sensi di colpa che mi hanno fatto vedere tutta una fila di fallimenti che in questi momenti di grande solitudine non fanno bene per niente. E quindi sono ritornata alla domanda del perché danzo, perché faccio questo lavoro, e mi sono resa conto che io, ad un certo punto della mia vita -ed ero già adulta- ho proprio deciso di fare questo. Io volevo danzare».

CINZIA SITA’

 

«La conoscenza dei danzatori del loro corpo e la loro abilità percettiva di ciò che li circonda, può diventare parte delle conversazioni essenziali che stanno emergendo riguardo alla salute, gli spazi abitati, la solitudine, la distanza, e su come gestiamo tutte queste esperienze. I danzatori hanno bisogno di ricordare che non abbiamo studiato solamente il movimento, ma anche l’immobilità, e di come essa, se ci prendiamo il tempo per notarlo, sia piena di movimenti. Credo che questa conoscenza sia cruciale adesso.Rimanere “in forma” non lo è. Rimanere connessi all’ambiente o imparare a connetterci con esso è ciò che può essere utile adesso».

MESZERICS ANDRÁS

Foto di Cristina Valdivielso Garcia

Foto di Cristina Valdivielso Garcia

Se ci rifermiamo, di nuovo, un attimo -così come avevo proposto all’inizio del testo- e semplicemente immaginiamo un movimento (può essere un gesto come grattarsi la faccia, o raccogliere una cosa da per terra). Se figuriamo nella nostra mente lo schema motorio, senza ancora realizzarlo, possiamo percepire quanti impulsi si attivano all’interno del nostro corpo. Ed ora, se iniziamo a muoverci per compiere quel gesto, limitandoci ad eseguire solo l’inizio di quello schema motorio, possiamo notare quali muscoli tenderebbero ad attivarsi maggiormente, quali parti del corpo a piegarsi o distendersi, su quali superfici corporee si sposterebbe il peso, e così via. Ci sono infiniti modi per eseguire una stessa azione. Prima del movimento, così come prima del parlare, coesistono le diverse possibilità, come potenzialità ancora non attuate, ed esse prendono atto o a seconda di un’abitudine, oppure per scelta e presa di coscienza.

«Penso che guardare un danzatore all'opera mostri quanto i silenzi, le attese, siano carichi di senso e che, vedendo la danza, si riesca a vedere la densità dello spazio e del tempo in cui siamo tutti immersi. Di quanto tutto questo sia meraviglioso e meravigliante, eccitante e complesso» .

LUCIA SAURO

 «Nei giorni attuali in cui viene imposto un limite spaziale al contatto umano, l'essere danzatore percepisce comunque il suo lavoro del corpo con il pensiero, la riflessione, la rabbia, la depressione ecc...che fanno parte sempre e comunque del suo lavoro d'artista.  In sintesi, non mi sforzo di usare il corpo per danzare se non sento l'urgenza, e ancora di più se mi viene imposto. [...] i giorni attuali servono a cogliere input diversi in modo diverso. Nessuno mi dice che non sto danzando solo perché uso il corpo in maniera diversa, è piuttosto il pensiero che viene indirizzato verso il corpo, o più generalmente all'idea di movimento, a raccogliere l'essenza di danzatore».

RICCARDO DE SIMONE

Giungendo a una conclusione, il modo in cui ci muoviamo nello spazio è espressione diretta di dove e su cosa la nostra mente riposa la sua attenzione. In ogni gesto vive il collegamento mente-corpo e le dinamiche di movimento caratterizzano il nostro linguaggio. Questo per dire che il nostro movimento è il nostro pensiero, e che il modo in cui decidiamo di muoverci oggi è una scelta politica.

In questo senso, vi è un danzatore insito in ognuno di noi. Mi piacerebbe immaginarlo, non come rappresentato dal solito corpo forte agile e di belle linee, ma più che altro come una massa amorfa, composta da una materia grezza e primordiale. Questa massa – che sia corpo o qualcosa di sovrasostanziale – vive al ritmo del battito cardiaco e prende forma attraverso un atto di volontà. Questo ritmo non è qualcosa di individuale, ma ci accomuna e ci appartiene universalmente, in quanto esseri viventi formati da uno stesso ambiente; questa forma è la nostra libertà di pensiero e di parola. Le pratiche somatiche e la danza possono essere delle vie d’accesso per ripensare il nostro posto nel mondo.

«Quando scegliamo di muoverci insieme, come un gruppo od una comunità, che sia in un rituale, in una danza folk, in una composizione improvvisata o in una coreografia prestabilita, condividiamo intelligenza umana ed immaginazione. Questo è un modo per partecipare ed essere in movimento con la vita».

MAYA M. CAROLL

Foto di Cristina Valdivielso Garcia

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A questo punto il testo si apre alle parole si tutte quelle perone che hanno contribuito con le proprie riflessioni:

 “[...] la combinazione tra la vostra arte e la scelta, ad esempio, di un luogo significativo  può dare luogo a una performance che diventi un messaggio forte capace di suscitare emozioni nella popolazione, spingendola a pensare e a preoccuparsi di più delle problematiche che ci troveremo ad affrontare nell’ immediato futuro. Danzatori come messaggeri che col proprio corpo ci rendano più consapevoli della contemporaneità”.

NICOLE MARCOVECCHIO

“[...] ha questo grande segreto, questo linguaggio che non molti conoscono ma che quando ne sentono il suono si emozionano, o si inquietano, o si rilassano,  o stressano...insomma...qualcosa di un po’ misterioso”.

CRISTINA CUSENZA

 

“[...] è bello vedere cos'altro hanno da dire gli altri, danzando, che noi non abbiamo ancora mai sentito”.

VANNI SPOSATO

 

“[...]la sua arte si esprime nelle posture  in sequenza che  il suo corpo assume propone una via alternativa  di comunicazione attraverso il corpo, questo è la materia con cui si esprime e con cui suscita una risposta agli altri che percepiranno il suo messaggio   prima di tutto nel corpo, se sapranno guardare senza pregiudizio, grazie alle cellule specchio. Il suo ruolo sociale per me è questo :portare agli altri messaggi attraverso  il corpo perché  possano essere invitati a riscoprire ogni volta la ricchezza che  deriva   da questo...guardare il danzatore è percepire la danza dentro di noi. Scoprire la nostra danza”.

MARIA TERESA ROCCHI

“Dance if for me, to learn and expand so I can vibrate and be in this world with you. Dance is for you; as a partner, a colleague, a student, an audience, a community, a culture. With our sense of shared understanding and our sense of otherness. But mostly, our sense of humanness”.

MAYA M. CAROLL

 

“Il gesto del danzatore è agito per esprimere, o per servire un progetto di visione che potrebbe avere parametri diversi quanti sono i coreografi e/o i danzatori. Il danzatore sta diversamente nel corpo, il suo pianeta è diverso dal pianeta abitato da chi non danza, perché è la relazione con il pianeta che è diversa”.

ANNAPAOLA BAKALOV

 

“[...]da bambini si gioca si balla ci si maschera ma poi da adulti abbiamo cercato un lavoro "normale " che ci permetteva di mantenerci e crearci una famiglia come era successo ai nostri genitori”.                 

CATERINA MURANO

 

“[…] dance is a reminder that we can allow ourselves to escape into our bodies and souls, be here and now, the pure feeling of the moment, and experience the joy of being alive. If we would take away the dancer, we would have dead plays, the spoken word taking over too much, destroying it's power”.                           

LOTTA SANDBOURGH

 

“poter fare nella vita quello per cui si è appassionati, poter dar voce a quelìindole che si ha dentro, fa la differenza non solo nella propria di vita, ma anche in tutto quello che costruisce con gli altri”.              

LIVIA FATONE

 

“La danza è  un'arte antica che permette  di  esprimere  attraverso il corpo le emozioni del nostro intimo della nostra anima”.

CARLA PICCARI

 

[...] figura eterea, che mi fa scoprire un mondo lontanissimo da me.

ANNA IMPUNTURA

 

“[...] come un componente della categoria artisti, importante tanto quanto il pittore, il musicista, l'attore, etc. E l'artista per me ha un ruolo importante. Per spiegarlo, rubo una citazione di Einstein:

‘Dove il mondo cessa di essere il palcoscenico delle nostre speranze e dei nostri desideri per divenire l'oggetto della libera curiosità e della contemplazione, lì iniziano l'arte e la scienza. Se cerchiamo di descrivere la nostra esperienza all'interno degli schemi della logica, entriamo nel mondo della scienza; se, invece, le relazioni che intercorrono tra le forme della nostra rappresentazione sfuggono alla comprensione razionale e pur tuttavia manifestano intuitivamente il loro significato, entriamo nel mondo della creazione artistica. Ciò che accomuna i due mondi è l'aspirazione a qualcosa di non arbitrario, di universale’". 

FILIPPO MAROLLA

 

“Vorrei che nel mondo dopo il corona virus danzassimo tutti un po’ di più”.

ANTONELLA MASSIMO

“We carry both the knowledge needed to build a more sensitive, caring, adaptable and connected future, while we also carry with us the history of trauma around danza and the system we had to go through and still have to which force us to fit into images that are immobile, that are static, that are products of hierarchy and isolation and competition”.
MESZERICS ANDRÁS

“[...]è come se fai parlare, non solo muovendo il busto, ma fino alle dita, è come se ogni parte del corpo prendesse parola , sempre a livello non verbale. E quindi sarebbe bello di poter permettere ai bambini di potersi esprimere in questo modo, di sentire che ogni parte del corpo ha il suo potere”.    

                   FLAVIA PROSPERI

 

“[...]con i propri movimenti trasmette un pensiero, uno stato d’animo, un concetto, creando l’arte”.

CHIARA GIRALDI

 

“Abbiamo bisogno sia di poesia che di danza, sopratutto adesso, in un momento in cui  risulta più evidente che abbiamo tutti una difficoltà nel cogliere le priorità... Come diceva il Piccolo Principe : L'essenziale è invisibile agli occhi”.

GABIRELLA PACINI

“[...] andando all'essenziale, ci ricorda che abbiamo tutti un corpo”.

LUCIA SAURO

“is the dancer who dances without thinking of dance”.

JAKOB JAUTZ

[..] specie in questo periodo mi sono domandata molto il significato della parola libertà e se in qualche momento della nostra vita siamo davvero stati "liberi". Ecco, credo che nella danza risieda la mia speranza di libertà”

GIORGIA GASPARETTO

 

“Io volevo acquisire strumenti per capire come il corpo attraverso il movimento potesse farsi veicolo di nuove conoscenze e superare certi limiti imposti da abitudini sbagliate o da patologie più o meno gravi. E che restituisse un punto di vista sempre differente”. 

CINZIA SITA’

 

“[…] se a scuola mi avessero insegnato qualcosa, oggi capirei qualcosa di più?”.

 LAURA MAROLLA

“Non c’è bisogno di essere esperti di arte contemporanea non c’è bisogno di essere esperti di danza colta, si può essere un popolo, bambini, non avere una preparazione specifica, e quest’incanto resiste, cattura. Per questo ho sempre amato la danza”.

ANDREA SATTA

“riflettere sul movimento del corpo come estensione di un pensiero o emozione, sia esso intenzionale sia invece inconscio; ma anche al tempo stesso sul movimento o sul gesto come qualcosa che a sua volta manda un segnale di risposta alla mente, potendone forse anche modificare lo stato”.

FRANCESCA PREZIOSI

“[...] è anche una figura economica importante”

MADALINA MIHAI

“In questo momento danzare può aiutare nell’affrontare una dura realtà sociale”.

TITA FIORAVANTI

 

“E' indispensabile, come dimostra la storia delle diverse etnie distribuite nel mondo. L'antropologia ci descrive il ruolo della danza nelle diverse culture. Non credo esistano culture prive di queste 
figure”.

CATERINA LORENZI

“[...] produce il bello, produce il conosciuto e produce domande. Ma solo per chi ha occhi per vedere e desiderio di chiedersi”.

VANNI SPOSATO

 

“La danza per me non è solo un'arte, ma è il precipitare in una sorta di 'universo parallelo'. Un universo in cui non ti seguono né ansie, né affanni. In cui, almeno per la durata dell'esibizione, ma anche più a lungo perché spesso sei 'costretto' a portarti negli occhi ciò che hai visto e provato, vivi un'altra vita, quella che il danzatore/danzatrice è riuscito a trasmetterti”.

ANNA LAURA BUSSA

 

Però forse in termini socio-politici la danza lo fa in modo meno immediato e comprensibile rispetto altri mezzi di espressione. Ma forse solo perché non è inserita nel nostro bagaglio come materia curriculare come lo sono le altre arti? O perché non è sfruttata dai media come le altre?” 

REBECCA SONNINO

 

“Mi ricordo che andai a vedere il Corsaro al teatro dell’opera e uscì con la macchina, con l’autista, Bryshnikov, ed io fermai la macchina e feci una piroetta andedan, perché quelle sapevo fare!”               

PINO INSEGNO