Aldo Fefè e l'arte di rilegare i libri
Ogni anno si stampano in Italia un’infinità di nuovi libri, decine di migliaia di volumi escono caldi e profumati dalle tipografie per finire sugli scaffali delle librerie (e molto spesso tendono ad andare in letargo visto il numero tristemente decrescente dei lettori).
Sono sempre meno invece quelli che decidono di restaurare vecchi volumi, libri che magari hanno ereditato dai genitori o dai nonni o che hanno comprato in qualche mercatino.
Fino a qualche secolo fa i libri erano dei beni preziosissimi, custoditi gelosamente e tramandati come patrimonio di grande valore. Senza addentrarci nel vasto argomento della crisi del libro, basterà constatare che leggendo meno (e leggendo sempre di meno anche su carta), si ha di conseguenza un’attenzione minore all’oggetto libro. In pochi quindi decideranno di portare un libro rovinato da un rilegatore per farlo restaurare, si capisce bene allora come questo antico mestiere sia diventato piuttosto raro.
Da decenni resiste però Aldo Fefè, rilegatore storico nel cuore tortuoso di Roma, in quella via della Stelletta a due passi dal Parlamento. Lo abbiamo incontrato per conoscere questo mestiere in via d’estinzione.
Entrati nel negozio subito ci stupiscono i soffitti alti dipinti e l’esiguo spazio saturo di materiali. Carte di ogni tipo tappezzano le pareti e cartoni impilati come torri nascondono grandi macchinari da lavoro.
Prima di iniziare a fargli delle domande la moglie ci dice: “si può dire che ci sia nato in questo negozio!”. Il padre aprì il negozio nel 1932, ed Aldo fin da giovanissimo imparò il mestiere e lo portò avanti.
“Mi creda se le dico che mi sono disamorato. Non si lavora più. Io amo il mio lavoro, se domani sto a casa mi prende il mammadrone (angoscia, paura, in dialetto romanesco ndr)”.
Una volta lavorava di più?
Io lavoravo molto per gli enti pubblici, gli studi notarili, gli avvocati e le biblioteche. Passavo con la macchina per le biblioteche, raccoglievo una moltitudine di libri e poi li scaricavo qui e li rilegavo. Oggi con tutta la tecnologia si producono meno documenti e c’è molto meno lavoro da fare.
Quindi oggi lavorate di più con i clienti privati, singoli cittadini che vi portano dei libri?
Sì, che per certi aspetti è anche meglio, perché non c’è bisogno di mazzette, a differenza degli enti pubblici (ride ndr).
Rilegavate anche le tesi di laurea?
Sì eccome! Oggi ci sono quei centri copie vicino alle università che le fanno in tempi rapidi ma con una qualità discutibile.
E come avete ovviato alla diminuzione del lavoro?
Ci siamo messi a fare anche altre cose, soprattutto scatole di cartone colorate e con fantasie per matrimoni e altre occasioni, o anche delle cornici. Bisogna reinventarsi, pensi che la tipografia della Camera aveva 70 dipendenti ed ora ne ha dodici, fanno tutte le macchine. Come si dice, c’è il progresso ma anche il regresso.
Lei invece continua a fare un lavoro manuale, artigianale, quali sono gli strumenti che usa?
Molti dei macchinari che vedi qui dentro li uso ancora, mi servono per tagliare il cartone o per pressare i libri. Utilizzo dei pennelli e altri strumenti, e poi naturalmente delle colle. La colla che uso la faccio ancora io, con la farina, l’allume e il riso per farla restringere.
Quasi come un alchimista che prepara una pozione!
Chi sono i suoi clienti?
Semplici persone che hanno dei libri da sistemare o anche collezionisti che hanno libri antichi. Guardi questo che mi hanno lasciato da sistemare.
Ci mostra una cinquecentina datata al 1575, il frontespizio recita “COMMENTARIORUM VARIARUMQUE RESOLUTIONUM IURIS CIVILIS COMMUNIS ET REGII. TOMI TRES”. Si tratta di un antico libro di Giurisprudenza che Aldo deve rilegare per un suo cliente.
Noi sappiamo che ha lavorato anche per alcuni personaggi illustri, è così?
Sì ho lavorato per Napolitano, Cossiga e altri politici, e anche per il papa Giovanni Paolo II.
E che lavori si facevano fare?
Lavori normali, mi portavano dei libri da restaurare. Tanti volevano il dorso in pelle.
Ha insegnato il mestiere ai suoi figli?
A mia figlia sì, ed è diventata brava. A volte mi riprende anche: “la dovevi fare così questa cosa!” (si ride ndr).
Quale pensa che sia il futuro dei lavori artigianali e manuali?
La manualità è finita, sostituita dalle macchine. I giovani non vogliono imparare più questi lavori che comportano fatica e sacrifici.
Però sua figlia sta proseguendo questo mestiere
Lei sì, ma non è mica così giovane, ha cinquanta anni.
È cambiata la vita del quartiere?
Sì molto, in tanti si sono trasferiti perché gli affitti costano troppo. Ormai da qui a piazza Navona ci abitano tantissimi stranieri (americani soprattutto). Dovrebbero dimezzare gli affitti per i negozi sennò qua muore tutto.
Io le avrei portato un lavoro da fare, è un libro completamente scollato da rilegare. Così testiamo la sua bravura.
Certo mi faccia vedere. Osserva con attenzione il volume, maneggiandolo con cura.
Va bene, qua devo scollare le ultime pagine attaccate, passare un filo e metterci una colla forte.
Grazie. Ci farebbe la sua firma? Stiamo raccogliendo tutte le firme degli artigiani che intervistiamo.
D’accordo. Certo, una volta firmavo le cambiali… vabbè!
Ridiamo di gusto tutti insieme.
Questa bottega assomiglia ad un museo bizzarro, un museo della carta dove si incontrano antichi macchinari industriali e dove si respira il profumo cartoso della storia. Aldo ci racconta che il palazzo dove si trova la bottega apparteneva alla famiglia di papa Leone XII, pontefice degli anni Venti dell’Ottocento, e ci abitavano i suoi discendenti (per questo ha i soffitti altissimi e affrescati). Ci racconta anche che la vecchia insegna del negozio è stato costretto a toglierla, perché doveva pagare una cifra che non era in grado di sostenere. Se custodite vecchi libri e avete voglia di metterli in sesto, portateli da Aldo Fefè, che saprà maneggiarli con cura e restaurarli ad arte.
Speriamo di tornare a vedere presto l’insegna di questo storico mestiere, tanto raro quanto prezioso.