Settimo cielo di Caryl Churcill: essere quello che si vuole e non quello che si può

Uomini che diventano donne e donne che diventano uomini. Nello spettacolo diretto da Giorgina Pi la sessualità si divide, si libera e si spezza, assumendo le forme più varie. Accade allora che in una famiglia inglese dell’Africa coloniale nel 1879, il figlio abbia tendenze omosessuali, la tata ami la madre del figlio e la madre ami un altro uomo a cui però piace suo figlio. Omosessualità, adulterio, pedofilia, tutte le perversioni sessuali si mischiano e si confondono, proiettandosi poi cento anni più tardi nella Londra del 1979, dove la libertà sessuale repressa nel regime coloniale esplode nella capitale inglese durante la rivoluzione sessuale.

 
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“Essere quello che si vuole essere, non quello che si può”, scrive la regista Giorgina Pi del testo di Caryl Churchill, in cui la sessualità viene messa a nudo e mostrata in tutte le sue parti, anche quelle più nascoste. Nei due atti in cui si divide lo spettacolo, e che mostrano epoche e luoghi diversi, si può notare come la spinta a una repressione della sessualità rimanga, nonostante il passare del tempo. “Resta intatta l’ossessione di controllare i corpi violentemente e sempre – prosegue la regista romana – e altrettanto l’urgenza di difendere la libertà di vivere come si vuole e non come si può”.

 
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Il messaggio è chiaro ed è ben marcato nella messinscena. A partire dai costumi: per ricordare infatti che il figlio è maschio solo per natura – e non per volere – il suo membro è disegnato sopra le mutande e il personaggio interpretato da una donna; e così vale per gli altri ruoli, ognuno con una diversa caratteristica. Se la direzione seguita è chiara, non lo è altrettanto la narrazione, che procede lenta e macchinosa, ancorché supportata da una Giorgina Pi ammaliante e da una scenografia affascinante, dove luci sgargianti si contrappongono all’oscurantismo sessuale.

Perciò “a vostro rischio e pericolo, buon settimo cielo”.

Info spettacolo: qui.