Frank Westerman - I Soldati Delle Parole

 
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Titolo originale: Een woord een woord

Casa editrice: Iperborea

Traduttore: F. Paris

Edizione: 2017

Pagine: 330

Parole. Mai espressione più vaga può essere altrettanto precisa. Sono parole quelle che sto scrivendo, quelle che diciamo e che ascoltiamo, quelle che leggiamo. Sono il principale mezzo espressivo e comunicativo dell’uomo, nonché l’elemento che in termini evolutivi ha fatto la differenza nel destino della specie. Le parole possono ispirarci o traviarci, possono essere portatrici di verità o mendaci, possono emozionare o ferire, possono liberarci o renderci schiavi, possono convincerci o farci ricredere. Se sono tutto questo, e anche di più, possono le parole essere considerate delle vere e proprie armi? In effetti è soprattutto questa domanda che mette in luce la loro vera natura: esse sono inerti, ed è solo l’anima che noi gli conferiamo che le rende vive e piene di significato. Le parole non sono al servizio di nessuno, non parteggiano per nessuno e non appartengono a nessuno: così come possono servire una giusta causa, egualmente possono perpetrare il male. Gandhi e Mandela sensibilizzarono gli uomini diffondendo la cultura della non-violenza, Hitler arringò il popolo infiammandolo con folli discorsi di morte.

In tempi più recenti il Mondo ha affrontato il fenomeno del terrorismo islamico che si è avvalso soprattutto di kamikaze, uomini che immolano se stessi per togliere la vita a quante più persone si trovino intorno. Quale arma può essere tanto potente e persuasiva da convincere un uomo a morire e uccidere in nome di un ideale, se non la parola? Si può sconfiggere qualcosa che nasce da una forza tanto profonda con la fredda tecnologia delle armi da fuoco? E’ la parola che arma il braccio o è il braccio armato che necessita di parole per essere motivato? Frank Westerman tenta di rispondere a queste domande affrontando la questione da un punto di vista poco convenzionale come quello dei mediatori anti-sequestro e anti-terrorismo. L’autore si è personalmente sottoposto ad un corso della Polizia per aspiranti mediatori, immergendosi nel dietro le quinte e carpendo i segreti degli uomini e delle donne che scelgono di fare della parola la loro unica arma (da qui il titolo “Soldati delle parole”) per persuadere invece di uccidere, per persuadere a non uccidere. Un dettaglio non trascurabile riguarda il fatto che Westerman sia olandese: ebbene il “Dutch Approach” è stato considerato per un lungo periodo il miglior metodo per portare a termine positivamente una trattativa con un gruppo di sequestratori e quello che più di tutti ha ispirato le moderne tecniche di mediazione. Westerman, dunque, torna alle origini del Dutch Approach e ci porta a conoscenza di fatti che, se per un lettore olandese sono certamente noti, per un lettore italiano sono assai poco conosciuti. Negli anni ’70 in tutta l’Olanda ha agito un gruppo para-militare che ha messo in atto una serie di sequestri alquanto clamorosi: si trattava dei Molucchesi del Sud, in realtà di ragazzi molto giovani che portavano avanti la lotta appartenuta ai loro padri e nonni, ex-militari e ufficiali della Compagnia delle Indie Orientali che negli anni ’50 videro fallire il tentativo di fondare la RMS (“Repubblica delle Molucche del Sud”) staccandosi dalla neonata Repubblica Indonesiana. Essi, furono trapiantati in blocco in Olanda e sparsi in varie città, costretti a vivere in quartieri che, seppur non isolati, costituivano a tutti gli effetti dei ghetti. Proprio il risentimento verso il Governo olandese, reo di aver abbandonato uomini che per l’Olanda avevano combattuto ed erano morti, alimentò l’agire dei Molucchesi; tra il 1975 ed il 1978 sequestrarono due treni, un consolato, una scuola ed un Palazzo della Provincia, tutti nella zona di Assen. Fu proprio questa esperienza che portò al massimo livello il Dutch Approach, grazie soprattutto a Dirk Mulder, lo psichiatra a cui furono affidati i negoziati con i Molucchesi in tutte e cinque le occasioni, e che potremmo definire l’ideologo del metodo olandese. A questo punto, però, l’autore mette sul piatto della bilancia un approccio diametralmente opposto: quello che i russi utilizzarono per combattere il terrorismo ceceno. Ai sequestri e agli attentati dinamitardi, il Governo russo rispose senza mezzi termini con una violenza moltiplicata. L’esempio che rende più evidente questa distanza e quale dei due approcci sia stato il migliore è sicuramente il parallelo tra i sequestri nelle scuole: tutti hanno ancora davanti agli occhi la tragedia che si consumò nella scuola elementare di Beslan, dunque è importante sapere cosa accadde nella scuola occupata dai miliziani Molucchesi.

Il libro di Westerman ha innanzitutto il merito di essere una lettura molto scorrevole e dinamica, nonostante narri fatti complessi e indubbiamente drammatici; in secondo luogo rende fruibile e comprensibile un argomento affatto banale, senza cadere in tecnicismi e senza eccedere in contenuti troppo politici, pur esprimendo opinioni molto chiare. In ultimo, il merito più importante: chi scrive può testimoniare che, una volta giunti al termine, se ne esce arricchiti di una grande quantità di informazioni utili, che rimangono nella memoria con una facilità davvero sorprendente. Pochi libri, anche oggi, riescono in questo intento. 

Gradimento Autore: 9/10

Gradimento Amletico*: 8.5/10

*Media tra gradimento del pubblico, critica e autore

altre recensioni

  • Goodreads: 4.03/5