Le onde rock in acqua dolce di LAAGO!

Per Andrea Catenaro la musica non è solo intrattenimento, ma è un luogo dove affogare le paure e acquisire sicurezza. "Quando suono, mi sento invincibile".

Nato ascoltando l'indie rock, il cantante romano vuole inserire nell'impianto musicale inglese le sonorità italiane, cantando nella sua lingua madre. Da architetto della musica, ha dunque disegnato un palazzo musicale elisabettiano con arredamento tipicamente italiano, dov'è garantito un piacevole soggiorno acustico.

Durante l'intervista, non ha parlato solamente dell'origine del nome e di come ha costruito questo nuovo progetto; ma ha anche rivelato alcuni aneddoti sulla realizzazione del videoclip del primo singolo: Il mostro di Cleveland.

Cosa significa “LAAGO!”?

Significa suono in una lingua africana, lo yoruba.

Mentre in italiano, “lago”, ha il significato che tutti sappiamo. L’acqua è un elemento purificativo, lo è per te anche la musica?

La musica è una psicologa. È un’amica quando ti trovi giù. È eccitazione. Quando ascolto la musica, non faccio mai altro. Ascolto la musica e basta. La musica non è mai un sottofondo nella mia vita.

A quali gruppi ti ispiri?

Sono cresciuto ascoltando l’indie rock americano degli anni Novanta: Pavement, Guided by voices, Buil To Spill.

Le tue sonorità sono atipiche. Vuoi creare un nuovo stile?

Nel nostro Paese devo dire che non ci sono tanti esempi di gruppi indie rock che cantano in italiano. Il mio obiettivo è proprio quello: fare musica in italiano. Però ignorando totalmente le regole della musica italiana. Vorrei che se un inglese dovesse ascoltare LAAGO!, potesse trovare qualcosa di interessante. Questo è il mio primo obiettivo quando scrivo.

Il primo singolo dell’album Le fasi del sonno è “Il mostro di Cleveland”. Com’è nato il video?

In realtà, il tema era tutt’altro. Eravamo a Bushwick (New York) in una via piena di murales, e abbiamo iniziato a girare parte del video lì. Ma non eravamo convinti della buona riuscita. Perciò siamo andati per rilassarci al luna park di Coney Island. Sai, poi in America succedono queste cose strane, che incontri gente per strada e ti ritrovi in cinque minuti in posti che non avresti mai pensato. Così, ci siamo trovati in una festa all’interno del luna park e abbiamo deciso di iniziare a girare lì. Abbiamo praticamente cominciato a scrivere la sceneggiatura del video mentre lo giravamo.

Nel videoclip c’è un forte contrasto tra una ragazza piena di vita e voglia di divertirsi e tu che appari isolato, con le cuffie sulle orecchie. Cosa ascolti?

Non credo di stare ascoltando musica.

Stai ascoltando te stesso?

Ho pensato: io mi metto le cuffie, c’è qualcuno che mi sta rivelando qualcosa di terribile, io impazzisco. Ho preso ispirazione dal video dei Radiohead, Just.

Quanto c’è di te nella canzone?

Di me? Tantissimo. Ma anche di tanti della nostra generazione, in cui c’è la costante di avere ansia rispetto al diventare adulti. Perché non abbiamo certezze e abbiamo meno possibilità rispetto alla generazione precedente di creare qualcosa di stabile e duraturo.

Nel ritornello dici: “La grandine spacca i vetri, ma siamo al riparo”. Dove trovi riparo?

Nella musica. Credo sia l’unica cosa per cui, quando ne parlo con altri, mi sento invincibile.