La tragedia del vendicatore al Teatro Argentina: il contagioso desiderio di vendetta

 

Un muro rosso di vendetta taglia il palcoscenico del Teatro Argentina, limitando lo sguardo dello spettatore. La vista si confonde e l’animo si corrode. Solo brevi spiragli di luce si aprono da questa barriera macchiata dal sangue delle vittime del risentimento. La vendetta è un’emozione che consuma il corpo e avvelena lo spirito; concede attimi di lucidità, ma per il resto una sanguinaria follia regna sovrana.

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L’aver posto al centro del palco una simbolica barriera non solo dà risalto alla costrizione mentale che subisce il vendicativo, ma consente anche – con delle porte che si aprono di volta in volta dal muro – di creare nuove scene attraverso l’uso di pedane semovibili, e rivelare diversi ambienti proiettando immagini sullo sfondo. Come la Camera degli sposi del Mantegna, per ricreare l’atmosfera della corte, i ritratti dei duchi di Urbino di Piero della Francesca, per dar risalto alla contrapposizione tra i regnanti, e la Venere di Urbino di Tiziano, per mostrare la lussuria dei potenti. Dipinti che si fondono alla rappresentazione individuando l’epoca della narrazione, ambientata nell’Italia rinascimentale – una distanza precauzionale voluta dall'autore per non incorrere nella censura.

Vissuto nello stesso periodo di Shakespeare – era di sedici anni più giovane del Bardo –, Middleton rimase indipendente per tutta la sua produzione, a differenza del suo contemporaneo che scriveva per una committenza. “Middleton e Shakespeare – spiega Donnellan – si affermarono in una Londra teatro di cambiamenti dirompenti. Era un tempo di boom economico e bancarotta, dominato da un disagio sociale destinato a sfociare nella rivoluzione che avrebbe, alla fine, completamente distrutto il contesto culturale dei due autori”.

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Intrighi, corruzione, lussuria e brama di potere sono al centro di una storia di rivalsa nei confronti dei potenti: quella di Vindicio, che vuole vendicare la sua amata, stuprata e avvelenata dal duca. Nel percorso per raggiungere il suo scopo, scoprirà tuttavia che anche chi gli sta più a cuore è disposto a barattare la propria virtù in cambio di una condizione migliore. Una rivelazione che non placherà la sua volontà ossessiva e ostinata di morte, finendo per travolgere tutti, anche chi il torto l’aveva subito.

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Se è difficile distogliere lo sguardo dal palcoscenico, è sopratutto merito degli attori. Trascinante l’interpretazione di un’ispirata Pia Lanciotti, nel doppio ruolo della lasciva duchessa e dell’opportunista madre di Vindicio. Quest’ultimo è un Fausto Cabra di contagiosa bravura, che infetta con il veleno della vendetta tutti gli altri protagonisti. Una compagnia giovane (l’età media non supera i 30 anni), diretta da un maestro del palcoscenico, che mette in scena uno spettacolo seducente e sconvolgente.