"La paranza dei bambini" al Piccolo Eliseo: uno spettacolo in grado di prendere il largo

In scena al: Piccolo Eliseo, dal 29 novembre al 17 dicembre (ore 20.00; domenica ore 17.00)

Durata: 1h 30min

Prezzi: € 20

Regia: Mario Gelardi

Solcano il mare con la loro prua sottile ma tagliente, lasciando il segno al loro passaggio. Si muovono sempre in coppia, avvolte dal buio pece della notte. Sono piccole e veloci, difficili da catturare; ma quando sferrano il loro attacco, è difficile sfuggire alla loro meticolosa razzia.

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Le paranze sono imbarcazioni di modeste dimensioni, ideali per la pesca a strascico. Escono in due (paranza deriva da paro "paio") per prendere più pesci possibili con la rete che le unisce. Paranza – però – ha oggi anche un altro significato. È il termine usato dalla criminalità organizzata per indicare i gruppi di bambini al loro servizio. La camorra è teatrale anche in questo aspetto, sceglie con cura i termini per definire la sua struttura, in modo da dare un’identità, uno scopo a chi non ne ha più. Infonde a quelle piccole imbarcazioni la speranza di diventare un giorno dei velieri con un solido scafo ed ampie vele, capaci di portarle al largo verso nuove frontiere.
La stessa illusione che inebria la paranza del quartiere Forcella. Maraja, Pesce Moscio, Dentino, Lollipop e Drone sono accecati dalle luci delle discoteche di Posillipo, vedono i loro coetanei accompagnati da donne mozzafiato, vestiti con abiti firmati e alla guida di macchine esclusive. Vogliono anche loro quella vita e sono disposti a sacrificare la loro pur di averla. Iniziano perciò a servire il boss della zona, Copacabana, come l’enorme spiaggia di Rio de Janeiro. Non sanno però che in quella spiaggia non si può pescare, è piena di squali pronti a mangiarti vivo. White, tirapiedi di Copacabana, è quello più feroce di tutti, il suo ciuffo bianco si riconosce a distanza come la pinna di un pescecane, in grado di terrorizzare al solo sguardo. Salirà lui al potere non appena Copacabana sarà costretto a fuggire per evitare l’arresto.
La paranza di Forcella si ritrova dunque con le ali tarpate, decide perciò di entrare in contatto con Don Vittorio detto “l’arcangelo”, malvivente costretto alla latitanza.
Meglio vivere in una gabbia d’oro, che fuori in quella merda. San Gennaro è riuscito a fermare la lava, ma non questo fiume di merda. E a me non piace la merda, ma il sole”.
Il capo degli angeli fornisce loro le armi per cominciare finalmente a farsi rispettare, a volare verso nuove piazze. Ma i giovani di Forcella sono ragazzi inesperti, alle prime armi, non conoscono ciò cui stanno andando incontro. L’entusiasmo si esaurisce in fretta, iniziano i primi dissidi, i primi scontri, i primi omicidi. Il loro è un volo di Icaro, con ali di cera che si sciolgono sotto i raggi della bramosia di potere, finendo per far affondare le loro imbarcazioni in quel mare che neanche San Gennaro era riuscito a fermare.

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Due rampe occupano il centro della scena. Due ali che coprono e svelano i diversi volti di Napoli, mostrando prima il suo lato intimo – quando si uniscono per formare l’interno dell’abitazione di Maraja o il ponte dove la paranza di Forcella si ritrova – e poi quello truccato del mondo malavitoso, creando delle scale per arrivare ai piani più alti del locale di Copacabana: là dove le antenne della televisione si trasformano in sedie scintillanti, dove tutto brilla, dove tutto si confonde.

 Foto di Cesare Abate

 

Foto di Cesare Abate

Il libro di Saviano da cui è tratto lo spettacolo prende vita, grazie alle scene realizzate da Armando Alovisi. Le pagine si animano, diventando leggere come le piume delle ali tatuate sulla schiena di Maraja, consentendo alla piéce di volare verso nuovi confini e far conoscere la dura realtà oltre le quattro pareti del Teatro Sanità, incastonato in uno dei quartieri dove la camorra ha da tempo allungato i propri tentacoli.

 
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Vincenzo Antonucci, Antonio Orefice, Antimo Casertano, Riccardo Ciccarelli, Mariano Coletti, Giampiero de Concilio, Simone Fiorillo, Carlo Geltrude ed Enrico Maria Pacini non sembrano attori, ma giovani strappati alla criminalità organizzata, vista la simbiosi con i personaggi che interpretano. La loro sinergia li lega come le reti delle paranze: ogni movimento è coordinato, si muovono insieme come remi di un’unica nave, vogando al ritmo delle indicazioni di Mario Gelardi, pronti per prendere il largo nonostante le insidie che il mare della vita teatrale nasconde.
“I pescatori sanno che il mare è pericoloso e le tempeste terribili, ma non hanno mai considerato quei pericoli ragioni sufficienti per rimanere a terra.”

– Vincent Van Gogh

 

Osservazioni conclusive: 
Se non fosse per il venir meno della tensione (forse per la velocità dello svolgimento degli eventi) alla morte di Dumbo e il mancato sparo finale, più simile a quello di una pistola giocattolo che non a quello di un’arma da fuoco, la messinscena sarebbe stata perfetta.

Gradimento Autore: 8.5/10 (Regia: 8/10; Interpretazione: 8.5/10; Scenografia: 9/10)

Interpreti: Vincenzo Antonucci - Antonio Orefice - Ivan Castiglione - Antimo Casertano Riccardo Ciccarelli - Mariano Coletti
Giampiero de Concilio - Simone Fiorillo Carlo Geltrude - Enrico Maria Pacini

Scene: Armando Alovisi

Costumi: 0770 di Irene De Caprio

Luci: Paco Summonte

Musiche: Tommy Grieco

Collaborazione alla regia: Carlo Caracciolo

Un progetto Nuovo Teatro Sanità

Produzione: Mismaonda in collaborazione con Marche Teatro