I Due Papi: la mimesi perfetta di due grandi attori

Pare che ultimamente sia molto in voga girare film o serie tv sul papa. Da quando il lungimirante e a tratti premonitore Nanni Moretti aprì le danze con "Habemus papam" in molti hanno seguito questa scia. Sorrentino con la due serie "The Young Pope" e "The new Pope", Wim Wenders con il documentario su papa Francesco e ora Fernando Meirelles con il suo "The Two Popes", prodotto e distribuito da Netflix.
Ma come mai registi di questo calibro sono tanto interessati alla figura del papa?
Certo, papa Francesco è diventato una sorta di icona Pop, per cui il richiamo mediatico è alto e si sa, il cinema è prima di tutto un'industria, per cui si investe laddove si pensa ci possa essere un guadagno.

Ma non credo ci siano solo ragioni economiche a spingere questi registi, e in questo caso il cineasta brasiliano (già candidato all'Oscar per City of God), a cimentarsi su argomentazioni pontificali.
Quello che stiamo vivendo è un momento storico incredibile, che ci riporta a secoli addietro. Non si vedevano due papi vivi nello stesso momento dai tempi in cui i pontefici si scomunicavano a vicenda e si poteva arrivare ad avere contemporaneamente ben tre papi!
Ma veniamo all'opera filmica.

La pellicola, basata sull'opera teatrale di Anthony McCarten e sceneggiata da egli stesso, si concentra sul legame fra Ratzinger (un superlativo Anthony Hopkins) e Bergoglio (lo straordinariamente mimetico Jonathan Pryce).
Vediamo così un Bergoglio inquieto che decide di rinunciare al suo titolo cardinalizio, preoccupato di certe pieghe che sta prendendo la Chiesa. Si reca a Roma per comunicare la sua rinuncia a papa Benedetto XVI, ma qui accade l'incredibile. Ratzinger ribalta la situazione e gli annuncia la sua inaspettata e rivoluzionaria rinuncia (l'unico ad everlo già fatto in passato fu Celestino V).

Inizia allora un dialogo denso fra i due, nel quale riemergono vicende losche e scabrose per entrambi: il rapporto dell'argentino con la dittatura e le vicende legate ad alcuni casi di pedofilia sottaciute dal tedesco. Come in una seduta psicanalitica i due si ascoltano vicendevolmente, in un dialogo che diventa un incontro/scontro fra tradizione e progresso, senso di colpa e perdono, il tutto in scenari perfettamente ricostruiti grazie alla computer grafica, come la cappella Sistina (dove il peccato e il senso di colpa sono ben presenti negli affreschi michelangioleschi).
La consecutio temporoum non è lineare e molti flashback si inframezzano al dialogo portante del film. Così lo spettatore è trasportato nell'Argentina degli anni Settanta e dei primi Ottanta, quando una dittatura militare governava il paese e Bergoglio era padre provinciale dei gesuiti. A queste scene si aggiungono anche delle immagini di repertorio, documenti storici che si confondono talvolta col film in un pastiche ben amalgamato che alterna anche il bianco e nero ai colori.
La tensione è attenuata da sketch divertenti e a tratti memorabili, come la scena in cui i due papi guardando la finale dei mondiali in cui si sfidano le proprie rispettive nazionali, Argentina e Germania. Fra una bibita e una pizza si lasciano andare ad un tifo divertito che diverte, regalandoci una scena che è da subito iconica.


La qualità della regia non è probabilmente ai livelli di City of God o di The Constant Gardener, ma la bravura dei due protagonisti oscura tutto il resto. Un'operazione delicata e non semplice quella di vestire i panni bianchi del papa, soprattutto se il proprio volto è associato a personaggi ingombranti della storia del cinema. Così per Anthony Hopkins è stato difficile scrollarsi di dosso la maschera di Hannibal Lecter (fra i più cruenti e malefici "cattivi" del grande schermo), e lo stesso per Pryce che è fortemente connesso con il ruolo di Sam Lowry in Brazil di Terry Gilliam e in quello dell'Alto Passero nel Trono di Spade.

La trasformazione è riuscita superbamente per entrambi, così come il film che riesce ad emozionare e divertire al contempo, e che ha soprattutto la capacità di umanizzare fortemente la figura del pontefice, operazione cominciata con la grandiosa performance di Michel Piccoli nel film di Moretti e terminata ora dal duo Hopkins-Pryce. A tale proposito sembra cadere a pennello la vicenda dello schiaffo alla fedele cinese da parte di Bergoglio, ulteriore riprova dell’umanità del Vicario di Cristo.

Viene quasi da esclamare, ricordando Fantozzi: “com’è umano lei!”