Lorenzo

 
 
 

Maia è davanti allo specchio in camera da letto, si raccoglie la lunga coda di capelli castani con una matita, apre l’armadio e afferra la prima maglietta che le capita sotto mano, le ridotte dimensioni del suo seno le permettono di indossarla senza reggipetto, si infila i jeans di almeno una taglia superiore alla sua e mentre cerca sotto al letto le scarpe da ginnastica esclama a gran voce: “Lorenzo dove ti sei cacciato stavolta? Lori, dai, esci fuori e vieni qui che ci vestiamo e andiamo al parco, è una splendida giornata!”

Nessuna risposta.

Prende lo zaino e si dirige in cucina scrutandosi attorno, apre il frigorifero, tira fuori una scodella di riso con pollo e verdure, e mentre è intenta a travasarlo nel tupperware sente un rumore provenire dal tavolo della cucina, piega la testa di lato, verso destra, abbassandosi leggermente sulle ginocchia e scorge Lorenzo che disegna sotto il tavolo: “Ecco dov’eri finito! Su, andiamo a vestirci e usciamo!”

Lorenzo è un bambino gracile, di altezza media, occhi grigio-verdi, capelli castano scuro e di carnagione pallida. In dieci minuti sono pronti a uscire, Maia chiude con delicatezza la porta di casa, si accovaccia all’altezza di Lorenzo, gli tiene la testa ai lati con entrambe le mani e gli stampa un bacio sulla fronte.

Varcata la soglia del portone d’ingresso Lorenzo appare subito spaesato, si guarda attorno roteando costantemente la testa, come se la realtà fuori casa fosse estranea al suo mondo, cercando di cogliere ogni piccolo dettaglio del contesto urbano. Inizia ad agitarsi, percepisce il “fuori” come ostile, e spesso lo è. I suoni e i rumori della città iniziano a sovrapporsi uno con l’altro: i clacson e i motori delle auto, la sirena dell’ambulanza, il segnale acustico ai semafori, l’aprirsi e il chiudersi delle portiere pneumatiche degli autobus, il cantiere con gli operai che lavorano alle macchine, il brulicare di voci dei passanti…Lorenzo assorbe ogni singolo suono come una spugna, e quando il suono finisce, lui continua a sentirlo, sente ogni suono ripetersi come in un loop incessante, ossessivo che ad ogni ripetizione aumenta d’intensità e velocità.

Si avvinghia al braccio di Maia, che continua a parlargli dolcemente durante tutto il tragitto fino al parco, lei sa bene cosa prova, Lorenzo si aggrappa alla sua voce allo stesso modo in cui si aggrappa al suo braccio. Arrivati al parco il contesto si fa più rilassante, i suoni della città sono lontani e si sostituiscono a quelli della natura: il cinguettare degli uccelli, il fruscio delle foglie e l’acqua che scorre da una fontana. Lorenzo si sente più a suo agio e si stacca dal braccio di Maia, inizia a esplorare il paesaggio circostante, più di una volta si è perso per il parco preso da ciò che vedeva, per questo lei cerca di non perderlo mai di vista.

A lui piace toccare tutto, tastare la consistenza dei vari oggetti, se sono lisci o ruvidi, se sono duri o morbidi. Si inginocchia sulla terra e inizia a accarezzare l’erba, vede un formicaio e rimane incantato a osservarlo per trentacinque minuti continuativamente, poco distante da lui un gruppo di ragazzi seduti in cerchio suona e canta con chitarre e djembé, vede la musica volteggiare attorno a loro, assumento insolite forme, con vividi e cangianti colori, poi vede in lontananza un albero in fiore, con dei grandi fiori viola e degli strani frutti ovali. Si avvicina all’albero, tende una mano verso il tronco e con la punta dell’indice traccia un disegno immaginario sulla corteccia; mentre è intento a disegnare con le dita avverte un cane abbaiare vicino a lui, si volta e vede un pastore tedesco che gli viene incontro con aria minacciosa ringhiando e abbaiando. Panico. I latrati potenti del cane gli entrano in testa come dei martelli pneumatici. È immobilizzato dalla paura, sente il peso della terra frantumargli le ossa, si butta a terra e si copre la faccia con le mani chiudendosi a riccio. Maia ha visto tutta la scena e arriva di corsa insieme al padrone del cane. Lorenzo è sotto shock, inizia a grattarsi ossessivamente fino a procurarsi delle escoriazioni e a tirarsi pugni da solo verso il volto. Il padrone del cane è visibilmente addolorato e imbarazzato e cerca di scusarsi, Maia non se ne accorge neanche, prende Lorenzo e lo abbraccia forte per cercare di calmarlo e per evitare che si faccia del male, tenendogli bloccate le braccia. Nel contempo inizia a raccontargli di quella volta alle giostre, quando hanno preso un pesce rosso che poi hanno liberato in un fiume e che ora sicuramente è felice.

Dopo un’ora di storie Maia non sa più che inventarsi, ma Lorenzo si è ripreso abbastanza per poter tornare verso casa. Mentre camminano verso l’uscita, passano vicino a un gruppo di bambini, coetanei di Lorenzo, che stanno giocando a pallone. Uno di loro gli sorride amichevolmente, un'altro lo osserva come fosse "diverso". Lorenzo è visibilmente stanco, durante il ritorno a casa rivolge lo sguardo solamente verso l’asfalto, stringendo forte la mano di Maia. Arrivati davanti la porta di casa lei tira fuori le chiavi dallo zaino e le infila nella serratura, non fa in tempo ad aprire la porta che Lorenzo scatta di corsa verso la cucina, come se avesse ripreso in un istante tutte le energie.