"Aspettiamo cinque anni" : piccoli quadri di poesia in movimento

Un giovane scrittore attende seduto, in silenzio, dando le spalle al pubblico. Ama la fidanzata, ma per sposarla ha deciso di aspettare cinque anni, senza motivazione. Passate le cinque primavere troverà però la fanciulla innamorata di un altro, non avvedendosi del sentimento che la sua dattilografa prova per il lui. Se ne accorgerà troppo tardi, quando una partita a carte con tre misteriosi giocatori lo ucciderà.

La trama dell’opera di Federico Garcia Lorca è complessa, ermetica, onirica, densa di simboli e metafore, con una consecutio temporum mescolata, degna dei film di Dalì e Buñuel, amici, tra l’altro, del drammaturgo e poeta spagnolo.


Una scelta coraggiosa e ambiziosa quella degli allievi del terzo anno dell’Accademia Nazionale d’Arte Drammatica “Silvio d’Amico”, che hanno deciso di portare in scena, dal 12 al 21 dicembre, tre testi del regista andaluso: “Nozze di sangue”, “Aspettiamo cinque anni” e “Yerma”.

Nonostante la sua grande fama, le opere di Lorca vengono raramente rappresentate. Il lavoro alla regia di Caterina Dazzi è quindi doppiamente encomiabile. L’allieva dell’Accademia è riuscita a trasmettere un testo dal taglio decisamente poetico e surreale, dando anche un tocco di modernità ed ironia a taluni scambi di battute, alleggerendo così l’atmosfera surreale dello spettacolo.

I cinque giovanissimi attori sono decisamente meritevoli, convincenti tutte le loro performance. Interessante anche la scelta scenografica: un cubo di legno al centro, espediente polifunzionale, che viene adoperato durante lo spettacolo come casa, finestra, treno e altro ancora, contribuendo ad aumentare la dimensione metafisica dello spazio. Emergono dal testo tutte le ossessioni di Lorca: il tempo, il ricordo, i figli, la mercificazione dei personaggi femminili…Tanti piccoli quadri di poesia in movimento.

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