“Antigone” al Teatro Argentina: scontro tra il potere della ragione e le ragioni del potere

In scena al: Teatro Argentina, dal 27 febbraio al 29 marzo 2018

Autore: Sofocle

Regia: Federico Tiezzi

Assecondare il volere degli dei o rispettare le leggi degli uomini?

Vedendo suo fratello Polinice giacere al suolo privo di vita, Antigone decide di dargli degna sepoltura. In tal modo viola però l’editto emanato da Creonte, con cui il sovrano di Tebe ha previsto che il corpo dei traditori della patria debba essere lasciato marcire sul terreno, cosicché avvoltoi e sciacalli lo possano deturpare cibandosene.

Nella figlia di Edipo prevale dunque il sentimento della pietas: si ribella alla legge terrena confidando nella legge divina, in cui spera di poter trovare l’assoluzione dalle sue azioni. Creonte non si lascia invece muovere a compassione, per lui la coerenza e la trasparenza verso il popolo sono più importanti della vita del singolo, anche il comportamento di Antigone deve essere punito con la morte, secondo quanto previsto nel regno, nonostante la persona in questione sia la promessa sposa di suo figlio.

Sia Antigone che Creonte pagheranno le conseguenze delle loro azioni, in una tragedia che raggiunge il suo acme non tanto nella morte, ma nelle tragiche decisioni dei vivi, che corrodono e dilaniano le loro anime con la stessa ferocia con cui le fiere si accaniscono contro il corpo esanime di Polinice.

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Lucrezia Guidone (Antigone) mostra icasticamente tutto lo sforzo del suo personaggio nel portare su di sé il fardello delle scelte del fratello Polinice. Nella modulazione della voce e nella ricercatezza dei gesti si hanno modo di apprezzare lo scoramento per la perdita del fratello e l’amarezza del dissidio vissuto con la sorella Ismene (Federica Rosellini), che cerca invano di dissuaderla dal suo proposito.
Il suo cammino verso la morte non è tuttavia vissuto con rassegnazione. Altroché. L’accettazione del suo destino emerge con forza prima nel colloquio con Creonte, in cui non cerca di trovare un compromesso con il regnante ma difende strenuamente le sue ragioni, poi negli ultimi passi della sua vita verso la grotta in cui sarà rinchiusa a morire, ove si ha modo di percepire la natura rivoluzionaria di Antigone nella sua massima espressione: la prima donna che osò disobbedire all’uomo.

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Il rapporto con Sandro Lombardi (Creonte) appare in questa versione simile a quello tra padre e figlia. Già dalla scena iniziale si intuisce come il testo sia incanalato nei binari familiari, con Antigone, Ismele, Creonte, sua moglie e suo figlio, seduti alla stessa tavola, mentre reagiscono allibiti alla vista del cadavere di Polinice.

Nel suo delicato ruolo di inamovibile sovrano, Sandro Lombardi non va mai al di sopra delle righe. Creonte appare al contrario un governante riflessivo e incline ad ascoltare le diverse proposte, anche se difficile da disancorare dalle sue posizioni. La fortezza delle sue argomentazioni non cede neanche di fronte alle ragionevoli suppliche del figlio Emone (Ivan Alovisio), che irrompe con forza sul palcoscenico, aggiungendo grande pathos alla scena.

L’ambiente in cui si svolge l’opera è una Tebe resa obitorio. D'altro canto la guerra tra la città della Beozia ed Argo produce solo cadaveri. Ma se l’intento è volutamente quello di focalizzare l’attenzione sui legami tra i diversi protagonisti piuttosto che concentrarsi sulle vicende politiche, la visione fredda e lugubre di una camera mortuaria può apparire di primo acchito fuori contesto; l’ambientazione guadagna invece forza espressiva nel prosieguo, quando iniziano a contarsi le morti dei diversi personaggi in scena.
Non soddisfa altrettanto il disegno di luci ideato da Gianni Pollini, che finisce spesso per distrarre lo spettatore dal vero punto chiave della rappresentazione – ossia la recitazione. Nonostante la potenza espressiva dell'illuminazione, questa in alcuni frangenti si rivela essere più un disturbo alla narrazione che non un elemento di pregio (come quando una sottile linea di luci LED irrompe verticalmente sulla scena, dividendo idealmente le due figure presenti, Antigone e Creonte, ma distogliendo al contempo l’attenzione del pubblico).

La decontestualizzazione della tragedia risulta nel complesso efficace. La rappresentazione vive in un tempo indefinito, dove emergono con prepotenza i sentimenti e le ragioni di due opposte visioni. In una Tebe asettica, martoriata dalla guerra, acquistano dunque vigore le parole di Antigone e Creonte, esaltate dal contrasto tra i colori caldi delle loro splendide vesti (ideate da Giovanna Buzzi) e le algide pareti della città ospedale. Ogni abito ha le sue decorazioni ed il suo significato, che contribuiscono a caratterizzare ciascuno degli interpreti.

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“Tutti i personaggi sono prigionieri del loro linguaggio” dichiara il regista Federico Tiezzi, che attraverso questa rappresentazione dimostra come anche la scelta apparentemente immotivata di Creonte possa apparire giustificata dalle ragioni del potere, mentre Antigone cerca nel potere della sua ragione di imporre la sua incontestabile decisione.
Se la cieca volontà di Creonte nel voler imporre la sua posizione non è altro che una forma per affermare il suo potere, non lo è anche la scelta di Antigone di non volersi conformare alla legge e seguire irrefrenabilmente il proprio istinto?

“Ci sono due punti di vista, questi due punti di vista non si incontreranno mai. Però il pubblico dovrà decidere da che parte stare: dalla parte di Antigone o dalla parte di Creonte” soggiunge Tiezzi. Indubbiamente ogni spettatore sarà portato a schierarsi a favore di una delle due posizioni, trovando le proprie ragioni ed argomentazioni. Ma ciò che più è importante, è che tutti possiamo imparare da entrambi i due punti di vista, dagli errori commessi da ognuno di loro e dal modo in cui si possono superare i più aspri contrasti. Possiamo imparare da un testo che venne rappresentato per la prima volta più di duemila anni fa (442 a. C.) e che tuttavia è ancora tremendamente attuale.

Gradimento Autore: 7.5/10 (Regia: 7.5/10; Interpretazione: 8/10; Scenografia: 6/10)

Traduzione: Simone Beta

Adattamento e drammaturgia: Sandro Lombardi, Fabrizio Sinisi e Federico Tiezzi

Con: Ivan Alovisio, Marco Brinzi, Carla Chiarelli, Lucrezia Guidone, Lorenzo Lavia, Sandro Lombardi Francesca Mazza, Annibale Pavone, Federica Rosellini, Luca Tanganelli, Josafat Vagni, Massimo Verdastro e con Francesca Benedetti

Scene: Gregorio Zurla

Costumi: Giovanna Buzzi

Luci: Gianni Pollini

Canto e composizione dei cori: Francesca Della Monica

Movimenti coreografici: Raffaella Giordano

Assistente alla regia: Giovanni Scandella