A passeggio tra Porta Latina e Porta San Sebastiano

Passeggiare tra Porta Latina e Porta San Sebastiano vuol dire muoversi in un’area tra le più suggestive della città, dove la storia è silenziosamente sempre presente. La zona, immersa nel verde, non è mai affollata, perché frequentata solo dai turisti più informati e non molto conosciuta dai romani.

Iniziamo il percorso dando uno sguardo a questo tratto ben conservato delle Mura Aureliane, costruite nel 271 d.C. dall’imperatore Aureliano per il timore delle incombenti invasioni barbariche. La cinta muraria è lunga 19 chilometri, con una torre ogni trenta metri, lungo il circuito le mura hanno inglobato precedenti strutture come il castro Pretorio, l’anfiteatro Castrense, la Piramide Cestia, il muro dei giardini degli Acilii (Muro Torto) e tratti di acquedotti.

Attraversiamo Porta Latina, una delle più belle e meglio conservate porte delle Mura Aureliane, che deve il nome all'antica via Latina che collegava Roma con Capua. In età repubblicana la via partiva, insieme all’Appia antica, dall’antica Porta Capena (dalla quale si separava e si separa tuttora), all'altezza dell'attuale piazzale di Numa Pompilio. La porta ha un solo fornice ed è fiancheggiata da due torri semicircolari, senza finestre ma con feritoie per gli arcieri.

Superata la porta incontriamo la cappella del XVI secolo di San Giovanni in oleo, attribuita sia al Bramante che ad Antonio da Sangallo il Giovane e restaurata dal Borromini. Il tempietto fu fatto costruire da un prelato francese, come ricorda l’iscrizione "au plaisir de Dieu". La tradizione vuole che sia stato costruito sul luogo dove S.Giovanni avrebbe subito il martirio con l'immersione in olio bollente, ma da cui si sarebbe miracolosamente salvato. All'interno alcuni affreschi con storie di S.Giovanni Evangelista mostrano S.Giovanni immerso nell'olio.

Poco più avanti, girando sulla destra, si giunge ad un tranquillo slargo, dove inaspettatamente ci si trova davanti alla bella chiesa di San Giovanni a porta latina, fondata nel V secolo, poi ricostruita e più volte rimaneggiata. Nel 1940 un restauro ripristinò le strutture medievali con la demolizione di tutte le aggiunte dei secoli precedenti, recuperando il portico, le finestre della facciata e dell'abside, e restaurando il campanile. Anche l'interno fu liberato dalle aggiunte e ora possiamo ammirare un ciclo di affreschi con 46 scene bibliche che rappresenta uno degli esempi maggiori di pittura medievale a Roma. Nel XVII secolo la Chiesa fu arricchita da un nuovo affresco absidale su cartone del Cavalier d'Arpino.

Tornando verso Porta latina entriamo nel piccolo Parco degli Scipioni, realizzato dall’architetto Raffaele de Vico nel 1931, la cui ricchezza è data dal connubio tra una ricca vegetazione con grandi alberi ed importanti testimonianze antiche come le Mura Aureliane, il colombario di Pomponio Hylas ed il sepolcro degli Scipioni.

All’interno del parco una casetta dà accesso al colombario (monumento funebre con nicchie per le urne cinerarie) di Pomponius Hylas. La ripida scala porta ad un ambiente decorato da tralci sui quali volano uccelli e amorini. Una nicchia decorata conteneva l’urna cineraria dei coniugi Hylas, ricordati nell’iscrizione a mosaico. Le immagini raffigurate nel colombario hanno un carattere simbolico e alludono ai destini dell’anima nell’aldilà.

Uscendo dal parco dal lato di via di Porta San Sebastiano, si incontra l’area archeologica del sepolcro degli Scipioni,  scoperta nel 1780 allorché i proprietari della vigna soprastante, allargando la cantina della loro casa, trovarono un ingresso al sepolcro.  La costruzione (III secolo a.C.) di un sepolcro monumentale che contenesse le spoglie dell’illustre famiglia senatoria degli Scipioni (che annovera personaggi come Scipione Africano, vincitore su Annibale nella seconda guerra punica e Scipione Emiliano, che concluse la terza guerra punica con la distruzione di Cartagine) si deve a Lucio Cornelio Scipione Barbato, console nel 298 a.C., il cui sarcofago, finemente decorato, fu portato nei Musei Vaticani (sul posto c’è una copia) insieme alle iscrizioni dei sarcofagi degli altri membri della famiglia.

Tornando su via di Porta San Sebastiano si incontra l’Arco di Druso, considerato a lungo un arco di trionfo, ma in realtà sarebbe solo un fornice dell'Acquedotto Antoniniano che alimentava le Terme di Caracalla.

A breve distanza vi è Porta San Sebastiano,  la porta più grande e meglio conservata di tutte le Mura Aureliane. In origine si chiamava porta Appia, perché da essa usciva la via Appia, ma fu ribattezzata porta San Sebastiano perché la strada conduceva alla basilica ed alle omonime catacombe. L'aspetto attuale si deve al rifacimento dell’imperatore Onorio (401-402), quando la porta fu rifatta ad un solo fornice, sormontato da due piani, con un cammino di ronda merlato e due grandi basamenti quadrati rivestiti di marmo.

Nei locali interni si trova il Museo delle Mura, che ripercorre la storia delle Mura partendo da quelle più antiche di età regia e repubblicana. L'itinerario comprende le terrazze ed il camminamento di ronda fino a via Cristoforo Colombo.

Interessanti alcune immagini scolpite alla base del monumento, tra cui una croce greca del VI secolo e la figura dell'Arcangelo Michele mentre uccide un drago, a fianco della quale si trova un'iscrizione in cui viene ricordata una battaglia del 1327 tra le milizie ghibelline romane e l’esercito guelfo di Roberto D’Angiò, re di Napoli.

Da qui tornando su via di Porta San Sebastiano si potrebbe continuare il percorso  andando verso piazza Numa Pompilio e le terme di Caracalla, oppure percorrere la parte iniziale dell’Appia antica ma, data la grande quantità dei luoghi da visitare, converrà programmare una ulteriore successiva escursione.