L'Amletico

View Original

Ritiro spirituale con vista, il santuario della Mentorella a Guadagnolo

Alla National Gallery di Londra è conservato un celebre dipinto attribuito a Pisanello raffigurante La Visione di Sant’Eustachio. Osservandolo, saremmo spinti a pensare che il santo ebbe la miracolosa visione del Crocifisso tra i palchi di un cervo mentre attraversava una fiabesca foresta brulicante di animali, un luogo che faticheremmo ad accostare ai tipici paesaggi della nostra penisola, e che forse immagineremmo lontano, tra i fitti boschi del Nord Europa. Ma è solo un tranello teso dalla vena narrativa “cortese” dell’artista.

Visione di sant’Eustachio, Pisanello, 1436-1438 circa, Londra, National Gallery.

In realtà, stando a quanto racconta Jacopo da Varazze nella sua Legenda Aurea, il pagano Placido, generale dell’esercito dell’Imperatore Traiano, si trovava a caccia tra i boschi dei Monti Prenestini, solo qualche chilometro a sud-est di Roma, quando improvvisamente si imbattè in un cervo e nei suoi palchi vide campeggiare l’immagine del Cristo Crocifisso. Sconvolto dalla visione della miracolosa effigie, Placido tornò a casa e decise di convertirsi al Cristianesimo, assumendo il nuovo nome di Eustachio, “colui che dà buone spighe”. Dopo aver subito il martirio, Eustachio divenne oggetto di un’importante venerazione nella comunità cristiana di Roma, tanto che nel IV secolo l’Imperatore Costantino, dopo aver concesso ai Cristiani la libertà di culto, volle far edificare nel punto esatto dove il martire aveva avuto la visione del cervo (uno sperone roccioso noto come Vulturella, da cui più tardi, Mentorella) un santuario dedicato a lui e alla Vergine Maria, facendolo consacrare niente di meno che da papa Silvestro in persona.

Sebbene avvolte tra le nebbie della leggenda, sarebbero queste le illustri origini del Santuario di Santa Maria delle Grazie alla Mentorella, divenuto nel corso della storia un centro di devozione mariana tra i più amati del Lazio, tuttora meta di visite e pellegrinaggi da parte di fedeli di ogni dove.

Non è tuttavia per forza necessario avere un cuore ardente di fede per scegliere la Mentorella come destinazione per una gita domenicale che consenta di prendere respiro dai fumi della metropoli romana. Al di là dell’ affascinante storia del complesso sacro, il santuario è infatti collocato in una posizione davvero unica; esso domina dall’alto del suo sperone roccioso, a un’altitudine di 1018 metri s.l.m., la sottostante valle del fiume Giovenzano, consentendo di abbracciare con lo sguardo una vista amplissima che dai monti Lucretili a nord si spinge fino ai Lepini a sud, passando per i Simbruini a ovest. Un paesaggio dove il verde domina incontrastato, pur punteggiato qua e là da borghi abbarbicati tra i boschi che l’occhio più esperto può divertirsi a riconoscere: oltre ai più vicini Gerano e Cerreto Laziale, si può infatti spaziare verso la Valle dell’Aniene, dove si avvistano tra gli altri Cervara di Roma, Subiaco, Arcinazzo.

Raggiungere il santuario della Mentorella da Roma è piuttosto semplice se si dispone di un’automobile, e il viaggio dura circa un’ora e venti minuti. Allontanandosi dalla capitale attraverso la A24, dopo la barriera di Roma Est si esce a Castel Madama; si imbocca quindi la SP 33/a Empolitana seguendo le indicazioni per Ciciliano, il primo paese che si incontra sul percorso. La strada lo sfiora soltanto e continua tra uliveti e declivi boscosi nella Valle del Giovenzano, con sali e scendi che offrono un discreto divertimento alla guida. Dopo aver attraversato Pisoniano, il percorso diventa più accidentato a causa dei numerosi tornanti. Arrivati a Capranica Prenestina è necessario seguire le indicazioni per Guadagnolo, il centro abitato non comunale più alto dell’intera regione Lazio. La strada che si inerpica sull’omonimo monte (la vetta più cospicua dei Prenestini coi suoi 1218 metri) permette di raggiungere il Santuario della Mentorella.

Per gli amanti dei percorsi nella natura, tuttavia, il consiglio è quello di abbreviare il viaggio in auto, fermarsi a Pisoniano e da lì proseguire per il santuario a piedi. Dal paese parte infatti il sentiero devozionale “Karol Wojtyla”, pontefice che amò particolarmente la Mentorella come luogo di ritiro spirituale. Il sentiero, ben segnalato e diviso in sezioni che riprendono i nomi dei Misteri del Rosario, non è particolarmente difficoltoso o lungo, ma implica un dislivello totale di circa 700 metri, in grado di dare buona soddisfazione agli amanti del trekking. Procedendo a passo sostenuto, in poco più di due ore si è in grado di completare l’ascesa, condita, soprattutto verso la fine, da belle vedute dal basso della grande roccia su cui il santuario è adagiato.

Arrivati in cima, si è accolti in un largo spiazzo da una statua bronzea di papa Giovanni Paolo II. Vale sicuramente la pena entrare all’interno della chiesa, un edificio la cui fondazione risale molto probabilmente al XIII secolo, quando la Mentorella rientrava tra i vasti possedimenti dei potenti benedettini di Subiaco. Articolata in tre navate secondo il tradizionale schema basilicale in voga per tutto il Medioevo a Roma, conserva in realtà solo pochissimi frammenti della facies originaria, come il bell’oculo a raggiera in facciata. Per il resto, l’interno è frutto di ingenti lavori di ristrutturazione promossi a partire dal 1661 dal padre gesuita Athanasius Kircher, figura straordinaria di erudito, storico, filosofo e collezionista che si interessò personalmente allo stato del santuario, caduto in rovina dopo l’abbandono dei benedettini nel XV secolo. Il manufatto più interessante tra quelli conservati dentro alla chiesa è senza alcun dubbio la statua lignea della Madonna delle Grazie col Bambino, che è oggi possibile ammirare in una teca di vetro sopra l’altare maggiore, al di sotto del bel ciborio marmoreo datato 1305. Gli specialisti sostengono che sia opera di una bottega laziale operante nel corso del XIII secolo; i frutti della grande devozione tributata ad essa nel corso della storia sono ancora visibili nelle corone votive e negli inserti di pietre preziose con cui è decorata.

Uscendo dalla chiesa, si aggira il santuario sulla sinistra. Davanti a noi il grande sperone roccioso che fa ombra alla chiesa si mostra in tutta la sua possanza; uno stretto passaggio consente di accedere alla grotta, scavata nella viva roccia, dove secondo la tradizione San Benedetto da Norcia avrebbe vissuto per circa due anni in raccoglimento prima di proseguire il suo viaggio verso Subiaco.

Dopo la breve avventura speleologica, non resta che inerpicarsi fin sulla cima della rupe grazie alla Scala Santa fatta costruire dal Kircher nel Seicento. I ripidi gradini conducono fino a una sorta di piccolo giardino terrazzato, dove si può passeggiare tra i fiori e le tombe del graziosissimo cimitero dei padri Resurrezionisti polacchi, che dal 1857, e ancora oggi, custodiscono e officiano il santuario. L’affaccio dalla cima è strepitoso, impossibile non sostare per qualche minuto in contemplazione del paesaggio e del silenzio circostanti.

Un’ultima breve scaletta porta all’ingresso del piccolo sacello dedicato al culto di Eustachio, traccia del mito fondativo del santuario. Davanti alla porta, pende una corda collegata a una campana: un’iscrizione sulla vicina parete recita “non far da campanaro, se il tuo cuore non batte da cristiano”. Il messaggio non sembra tra i più inclusivi, ma in ogni caso resistere alla tentazione di tirare la corda e far rintoccare la campana nel silenzio della valle è quasi impossibile.

Tranquilli, nessuno vi fulminerà, e potrete così ultimare la vostra visita al Santuario della Mentorella con un senso di impareggiabile soddisfazione.