L'Amletico

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Zeno Cavalla - L'Ultima Generazione

Il “romanzo di formazione” è un filone che ha riscosso sempre un grande successo, forse per i suoi personaggi spesso irriverenti e border-line, forse perché copre una fascia di età di lettori estremamente ampia, o semplicemente perché la maggior parte di noi non ha avuto il coraggio o l’occasione di vivere certe esperienze e vuole colmare la malinconia che ci coglie quando pensiamo alle “cose che avrei dovuto fare”.

Da questo punto di vista, il romanzo di Zeno Cavalla non si discosta di un millimetro dai dogmi del genere, a partire dal fatto che la “formazione” intesa come maturazione dei o del personaggio principale avviene grazie ad un viaggio, che in questo caso è il famigerato Erasmus: una delle più grandi occasioni di crescita personale, intellettuale e professionale offerta alle generazioni nate o cresciute nel contesto dell’Europa Unita è spesso interpretata come una gigantesca vacanza in cui dare sfogo alle parti peggiori del proprio essere e fare tutto ciò che solo in vacanza è concesso; l’integrazione tra nazionalità diverse è ridotta al condividere con gli stranieri alcolici e, quando possibile, il letto (no, non per dormire).

Tropposexyperlavorare Z, alias Gianluca Morozzi, è protagonista e narratore della vicenda. Anzi, per essere assolutamente precisi, il romanzo che leggete è “scritto” da lui stesso qualche anno dopo l’Erasmus in Portogallo, ed è qui che Zeno Cavalla abbandona la tradizione: quello che sembra un semplice escamotage letterario è in realtà la chiave di volta del romanzo e della sua filosofia; non è più un semplice “romanzo di formazione” quanto piuttosto quello che potremmo definire un “romanzo di distruzione”, inteso nel duplice significato dell’autodistruzione a cui si sottopone il protagonista nel periodo dell’Erasmus ed in quello subito successivo, nonché in quello della comprensione che tutto ciò che facciamo entra nel tritacarne della storia e, anche se rimane nei ricordi, oggettivamente non esiste più.
In questo caso non c’è una semplice presa di coscienza del protagonista del fatto di essere cresciuto e maturato, quanto piuttosto si configura la necessità del narratore di mettere un punto a ciò che è stato e proiettarsi in ciò che sarà, delimitando chiaramente i confini di un periodo bello, irripetibile, ma pur sempre passato e chiudendo i ricordi nello scrigno della memoria.
Quello che traspare dalla narrazione è dunque la visione della vita come una piccola economia chiusa, dove le esperienze che facciamo sono i beni di produzione che necessariamente vanno distrutti per poter creare le esperienze successive. La forza lavoro sono le persone che con noi vivono quelle esperienze e che ci accompagnano per tutto il ciclo, mentre il capitale, quello che muove tutto e permette agli ingranaggi di funzionare, è l’essenza stessa della volatilità: il tempo.

Ora, devo allo stesso modo ammettere che se è vero che Cavalla cambia le carte in tavola per quel che riguarda la struttura ed il significato del percorso di formazione, è anche vero che nel concreto i suoi personaggi risultano fin troppo “classici”: il protagonista è contemporaneamente un donnaiolo ed una sorta di intellettuale che alterna scurrilità intensa a sprazzi di intenso filosofeggiare condito da grandi nomi della Letteraura; è ovviamente il più bello, il più ironico, il più intelligente e il più sveglio dello sgangherato gruppo di amici che si costruisce in Portogallo; è l’osservatore lucido (non sempre, ma indubbiamente più degli altri) di quella che è una divertente decadenza, che è tale solo perché quando si è giovani si ha tempo di rimediare e di questo si è inconsciamente consapevoli; infine, è il più tormentato, è quello che a differenza degli altri non riesce ad avere una vita regolare e non riesce a capire davvero fino in fondo il significato dell’Amore. A tratti questi aspetti sono tanto esasperati da risultare un poco stucchevoli, ma nel complesso il testo è scorrevole e in certi passaggi si ride fino alle lacrime, mentre in altri si trovano riflessioni di grande profondità, conferendo al romanzo quella forma sfaccettata che lo rende davvero interessante.