Corso di nuoto subito dopo scuola, lezione di pianoforte nel primo pomeriggio e appena possibile un’ora con l’insegnante di inglese. Gli appuntamenti a cui sono sottoposti i figli oggi sembrano non finire mai. Anche l’agenda del protagonista di Vox Family è fitta, la madre non gli lascia un minuto libero, vuole crescere un ragazzo perfetto che diventi un esempio per la società. Ma il dissenso interiore del figlio si sviluppa con il passare dei giorni e con l’aumentare delle delusioni, fino a rivelarsi in modo inaspettato.

Di spettacoli con i temi di Vox Family ce ne sono tanti, ma pochi vengono rappresentati con la stessa originalità del giovane regista Francesco Petruzzelli. Nel dar voce a tutti quei pensieri inespressi – e solitamente repressi – la messinscena assume la forma di un megafono in grado di amplificare i problemi familiari. E lo fa non rinunciando all’uso di un’ironia costante, che rende lo spettacolo grottesco e consente di “ridere del tragico e piangere del comico”.

Non si può scendere nel dettaglio delle singole interpretazioni senza il timore di rivelare qualche particolare che potrebbe svelare la trama. Si può tuttavia affermare che nel complesso la compagnia di attori è amalgamata come una famiglia. L’unico aspetto che non convince dello spettacolo è la scelta di alternare la rappresentazione con letture di fiabe – sempre in tema familiare – rivisitate, che non aggiungono nulla ad una narrazione che di per sé già fa presa sul pubblico.