L'Amletico

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Paolo Pellegrin: un'antologia all’autenticità umana

Luogo: MAXXI

Periodo: Fino il 10 Marzo 2019

Costo biglietto: 12€ intero; 9€ ridotto

L'atmosfera cambia appena si entra nella galleria 5 del MAXXI. L'illuminazione impeccabile, quasi penombra, dissolve qualsiasi distrazione e ciascuno dei distinti stimoli del corpo rallenta cedendo posto unicamente alla visione. Retine calibrate, siamo pronti ad entrare nell'occhio di Paolo Pellegrin. Siamo però liberi di piangere, urlare, ribellarsi, saltare in aria, gioire o semplicemente chiudere le palpebre. Tutto ciò che il fotografo non ha potuto fare mentre si trovava magicamente invisibile agli occhi del tempo-momento da lui immortalato.

Stringiamo i denti – così ancor una volta ci mettiamo nei panni di Pellegrin – e osserviamo il flusso di sensazioni che scorre dalle immagini verso di noi, e ciò che la nostra mente ne dà in ricambio. Gli occhi spalancati di chi urla contro l’invasore: il primo colpo viene di una imponente fotografia che ritrae l’espressione di un ragazzo palestinese che protesta a Gaza. È come se dicesse: “siete sicuri di voler proseguire”?

Attacchi, bombardamenti, fiamme. Sfinimento, arresto, morte. Gaza, Israele, Iraq. Lesbos, Kosovo, Giappone. È la disgrazia monocromatica della brutalità dell’uomo catturata ovunque nel mondo e immagazzinata nell’archivio dell’esistenza umana. Tuttavia, il bianco e nero manifesta anche la leggerezza di una coltre bianca di neve, i colori del cielo con la luna piena e del sole che tramonta. Antartide, Stati Uniti, Africa. La natura viene ritratta con la maestosità delle stelle, le stesse che scintillano nei volti delle donne fotografate à la Venere nera, o come Gioconda zingara.

La bellezza dell’uomo contrasta la follia devastante delle sue proprie guerre. Il cadavere che marcisce per terra e le bambine che galleggiano nel Mare Morto stanno sotto lo stesso intangibile cielo. Sotto di esso, Pellegrin viaggia con la sua macchina per catturare l’autentica sofferenza dell’uomo sordomuto con la testa calpestata nell’asfalto e l’autentica serenità che abita nello sguardo di una mamma circondata dai suoi bambini.

E se l’autenticità della fotografia risiede appunto nella pellicola, gli scatti di Pellegrin prima della rivoluzione digitale portano in sé la fragilità della condizione umana. Due fotografie in particolare meritano uno sguardo più approfondito: la ragazza in Cambogia del ‘98 e i rifugiati dal Kosovo, del ‘99.

Chiude la visita una grande bacheca in cui vengono esibiti ricordi del percorso professionale e personale di Pellegrin, come una emblematica fotografia dell’autore insieme al leader palestinese Yasser Arafat. Non mancano copertine di grandi riviste e importanti giornali che stampano le sue fotografie in prima pagina.

Questa antologia è la prova che il fotografo romano, classe 64’, ritrae l’umanità nella sua essenza più autentica e ciò l’ha reso uno dei più grandi fotografi dell’attualità.