L'Amletico

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La valle della Caffarella: la campagna romana entra in città

Se desiderate fare una gita in campagna senza allontanarvi dalla città, imboccate via della Caffarella e giungerete ad uno dei parchi più grandi della capitale.

La valle della Caffarella, posta all’interno del parco dell’Appia antica e racchiusa tra le mura aureliane e le antiche via Latina e Appia, è attraversata dal torrente Almone, che ha scavato il terreno vulcanico originato dalle eruzioni dei Colli albani, di cui sono testimonianza le vecchie cave di tufo e pozzolana.

L’Almone, ricevendo le acque di varie sorgenti (tra cui quelle dell’Acqua Santa), ha reso fertile il terreno, che fin dall’antichità è stato utilizzato per coltivare frutta e ortaggi per Roma, che, mentre faceva giungere il grano da lontano, coltivava nelle vicinanze i prodotti deperibili.  Ancora oggi l’area costituisce un pezzo di campagna romana che giunge dentro il centro storico, come si vede dalla cartina del parco dell’Appia antica (la Caffarella è la parte che si incunea nella zona più edificata)

La valle era in età antica luogo di leggende: come quella relativa al culto del dio Almone, lo spirito del fiume che concedeva acqua o siccità secondo il suo volere; o quella della ninfa Egeria, che presso il bosco sacro si incontrava con il re Numa Pompilio per consigliarlo; o quella infine del dio Redigolo, protettore dei viandanti e del loro ritorno a casa.

Nel secondo secolo D.C. l’area era occupata dalla villa suburbana ed azienda agricola di Erode Attico, ricco personaggio greco e precettore di imperatori, che, dopo la morte della moglie Annia Regilla, risistemò in suo onore il fondo erigendo varie opere, tra cui il tempio di Cerere e Faustina, che appare ancora quasi intatto perché trasformato nella chiesa di S. Urbano con affreschi del XI secolo.

Sotto la collina dove si trova la chiesa di S.Urbano c’è il ninfeo di Egeria, una grotta artificiale edificata sotto una sorgente di acque acidule (considerate terapeutiche nell’antichità), che rappresentava un gradevole luogo di riposo estivo e tuttora costituisce luogo di particolare fascino e bellezza. La visita alle sue rovine rientrava necessariamente nel grand tour dell’aristocrazia europea.

Più avanti si trova la tomba di Annia Regilla (nota anche per la sua conservazione), ma spesso ritenuta  il tempio del dio Redigolo.

Dal terzo secolo la tenuta entrò nel Demanio imperiale. Fu allora che Massenzio vi edificò il suo palazzo, il circo e la tomba del figlio Romolo. Con la caduta dell’impero tutta l’area fu progressivamente abbandonata e incorporata nel patrimonio ecclesiastico, e furono innalzate torri di guardia ed alcuni mulini.  Alla metà del ‘500 la famiglia Caffarelli (da cui prese il nome la valle) acquistò l’area bonificandola e facendone una grande azienda agricola con la costruzione del casale della Vaccareccia tuttora in funzione.

La tenuta passò nelle mani dei Pallavicini e poi dei Torlonia, divenendo nell’800 zona di passeggiate fuori porta, favorite anche alla presenza di osterie.

Nella seconda metà del ‘900, dopo un periodo di grave degrado dovuto alla noncuranza dei proprietari dei terreni (a seguito del vincolo di tutela posto sull’area, che gli impediva di edificare), si sviluppò un movimento di cittadini per la salvaguardia della zona, che portò all’esproprio dei terreni da parte del comune di Roma e ad una prima sistemazione a verde pubblico – pur salvaguardando l’antica vocazione agricola della valle.

La valle offre un’abbondante presenza di querce, mentre lungo il fiume sono presenti pioppi, salici, felci e piante tipiche di zone umide. Vi si trovano inoltre rovi di more, rose canine e sambuchi. Tra i mammiferi è possibile avvistare ricci, talpe, donnole e qualche volpe; mentre fra i ruderi abbondano i pipistrelli. Tra gli uccelli si segnalano il gheppio e altri rapaci notturni. Nel canneto, lungo il fiume, è facile imbattersi in rospi, rane e bisce.

Oggi, pur sussistendo ancora problemi di conservazione (peraltro parte dell’area è privata, con conseguenti recinzioni ed impossibilità di percorrerla interamente), è possibile fruire di un’area di incomparabile bellezza, che collega città e campagna, passato e presente, e che per ricchezza di vegetazione, presenze storico artistiche e vita agricola – unite alla memoria di antichi miti e leggende – ne fanno un luogo unico e magico.