L'Amletico

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La Contessa di Castiglione, un’agente segreto al servizio del Regno sabaudo

Virginia Elisabetta Luisa Carlotta Antonietta Teresa Maria Oldoini, storiograficamente nota come Contessa di Castiglione (Firenze, 1837 – Parigi, 28 novembre 1899), è stata una nobildonna animata da un sincero senso patriottico che ha avuto il merito di aver svolto un ruolo fondamentale nel condizionare favorevolmente il corso della storia dell’Italia risorgimentale. Ma gli storici non le hanno riconosciuto, non raccontandolo, probabilmente perché donna.

Figlia del marchese Filippo Oldoini e della marchesa Isabella Lamporecchi era considerata tra le donne più belle e affascinanti della sua epoca.

Consapevole della propria bellezza, e coinvolta fin da giovanissima in storie galanti, era intelligente, irrequieta, spregiudicata, ambiziosa e spesso sprezzante. Virginia sposò a diciassette anni non ancora compiuti Francesco Verasis Asinari, conte di Costigliole d'Asti e Castiglione Tinella, dal quale ebbe un figlio che morirà ventenne per vaiolo.

Il matrimonio la introdusse alla corte dei Savoia – che l’accolse con ammirazione e calore – dove conobbe il Re Vittorio Emanuele II (del quale divenne per un breve periodo amante) e anche illustri rappresentanti dell’establishment politico ed economico.

Per la sua intraprendenza e per il suo fascino, il conte Camillo Benso di Cavour, cugino del marito e allora in qualità di Presidente del Consiglio dei Ministri del regno di Sardegna, le propose nel 1855, a soli 18 anni d’età, di compiere una missione diplomatica alla corte francese di Napoleone III per perorare presso l'imperatore un’alleanza franco-piemontese.

La Contessa rispose affermativamente con entusiasmo e, una volta insediatasi a Parigi, si trovò al centro di una fitta rete di informatori avendo come referente istituzionale Costantino Nigra, ambasciatore del Regno di Sardegna in Francia.

Cavour parlò esplicitamente del suo piano in una lettera al ministro degli esteri Luigi Cibrario: “Vi avverto che ho arruolato nelle file della diplomazia la bellissima Contessa di Castiglione invitandola a conqueter ed a sedurre, ove d’uopo, l’imperatore”.

La fisicità seduttiva della contessa, definita dalla principessa di Metternich “una statua di carne”, diede i risultati attesi: ospitata nel regale castello di Compiègne, la contessa fu per un anno l'amante pressoché ufficiale dell'imperatore, suscitando invidie, grande scandalo e la furia della cattolicissima imperatrice Eugenia. Riuscì anche a compiere con successo la missione di Stato a lei affidata, ovvero quella di ottenere l'appoggio francese alla partecipazione del Regno di Sardegna alla Guerra di Crimea.

Quel conflitto, che vide contrapposti l’Impero russo da un lato e un'alleanza composta da Impero ottomano, Francia, Gran Bretagna e Regno di Sardegna dall'altro, portò alla sconfitta della Russia. La svolta storica costituita dall’avvicinamento italo-francese favorì quel processo di intesa tra Regno di Sardegna e Francia che porterà, nel 1859, alla seconda guerra di indipendenza, con i due Paesi alleati contro l’Austria.

Durante il periodo parigino Virginia Oldoini tenne un diario personale dove annotava gli impegni mondani e gli avvenimenti più importanti, compresi i suoi amanti attribuendo loro in codice una sigla diversa per significare il grado di intimità che aveva loro concesso.

Il marito, intanto, stanco di tollerare la condotta della moglie, si separò da lei ma, malgrado i noti tradimenti, ne restò innamorato fino alla morte intervenuta nel 1868: quando fu travolto da una carrozza a cavalli.

Rientrata a Torino dopo la fine della relazione con l’Imperatore, la contessa riprese a condurre una vita mondana brillante, ma la grande aristocrazia oramai le volgeva le spalle considerandola alla stregua di una cortigiana.

Arrivò però il momento in cui Virginia prese consapevolezza dell'inevitabile scorrere del tempo che le appannava progressivamente la propria bellezza e la condannava ad abbandonare il titolo di "una delle più belle donne del secolo". Oramai ripiegata su se stessa, decise di stabilirsi in volontario isolamento a Parigi in un appartamento di Place Vendôme.

Morì in solitudine a sessantadue anni nella sua casa parigina di Rue Cambon 14, dove era stata costretta a trasferirsi dopo essere stata sfrattata dal precedente prestigioso appartamento. Venne sepolta nel celebre e monumentale cimitero parigino di Père-Lachaise.

Il giorno dopo la sua morte alcuni agenti dell’ambasciata italiana, affiancati dalla polizia francese, sequestrarono e poi bruciarono il suo archivio personale contenente tutti i documenti conservati e le lettere scritte da re, alti funzionari dello Stato, aristocratici e banchieri per eliminare ogni traccia relativa a quanto da lei operato al limite della convenienza e della moralità al servizio della corona reale.

La Oldoini si contraddistinse inoltre per la sua passione per il ritratto fotografico; e tra il 1858 e il 1895 il famoso fotografo francese Pierre-Louis Pierson la fissò con una serie di oltre 450 scatti in abbigliamenti, acconciature e atteggiamenti sorprendenti e originali, ciò che consente ancora di stupirsi della sua bellezza e delle sua multiforme capacità espressiva.

Della contessa di Castiglione meritano anche di essere ricordate due sue frasi che denotano altri aspetti della sua personalità.

L’una pronunciata con distaccata ironia quando, alla conclusione del mandato che le era stato assegnato, né il Re né Cavour le espressero formalmente il loro ringraziamento: “Finirò per buttarmi nel Po, ma veramente preferirei la Senna”. E l’altra quando in tarda età rivendicò con orgoglio il contributo da lei dato allo sviluppo unitario dell’Italia: “Io ho fatto l’Italia”.