L'Amletico

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Darek e Timo


Gennaio 97’. Una foresta nei pressi dell’hinterland abruzzese. Timo fruga nello zaino e tira fuori il suo opinel da 8 cm, si siede su un tappeto di foglie secche e inizia a intagliare un ramo trovato pochi chilometri prima, e usato finora come bastone d’appoggio nei tratti più impervii e scoscesi di quello che lui e il suo compare hanno scelto casualmente come personale sentiero; inesplorato, non segnalato né su alberi né su rocce né su mappe.

Mentre Timo scorteccia il suo bastone e incide sulla sommità delle figure astratte, Darek esordisce: “Dove ci accampiamo questa notte?” Timo:” Abbiamo deciso di intraprendere questo viaggio per perderci, quindi per (ri)trovarci, la non-meta dove ci accamperemo si presenterà chiaramente al nostro cospetto nel momento in cui avremo esaurito le energie per continuare e la fame ci busserà allo stomaco” Darek:”Mi aspettavo una risposta simile. Bene, procediamo.”

I due si inoltrano con l’aiuto di una falce in una fitta boscaglia di erba alta, arbusti spinosi e alberi di varie specie. Le punture degli insetti iniziano a farsi sentire con il loro tipico prurito e, nonostante l’attenzione nel tagliare gli arbusti che gli si parano davanti, alcune spine gli si conficcano nella pelle e gli graffiano braccia e gambe: le imprecazioni si sprecano, ma i due proseguono senza esitazioni e senza soste. Dopo circa 45 minuti di rovi e natura incontaminata, le braccia iniziano a cedere per via dei ripetuti movimenti di taglio e iniziano a formarsi delle vesciche sulle mani poi Darek tira un colpo deciso di falce e apre un varco da cui entra una luce fortissima, che per qualche secondo acceca i due viandanti.

Lo scenario che gli si para di fronte è una radura molto estesa, che sembra non avere confini, con il prato di un verde acceso, molto acceso, quasi luminoso, a tratti fosforescente. Il luogo sembra tutto fuorché un prodotto della natura, o almeno della natura terrestre, le erbe selvatiche, i cespugli, tutto sembra essere avvolto da un’aura, da un’energia che non percepiscono né come benefica né come malevola, ma piuttosto neutrale e mistica, come fosse l’essenza stessa della natura, un innato potere primordiale, trascendentale arcaico, ancestrale.

Timo e Darek avanzano curiosi e attoniti da ciò che vedono, storditi camminano guardandosi attorno e, sbandando come due ubriachi dopo tre bottiglie di whisky, improvvisamente avvertono un rumore di acqua scrosciante provenire da Est. Cominciano dunque a seguirlo per almeno 500 metri, finché non si trovano di fronte un'enorme cascata, che si tuffa dentro un piccolo lago.

Mentre Darek è intento a prendere nello zaino la macchina fotografica, l’acqua che scende dalla cascata inizia a rallentare e, contro ogni legge fisica, forma un vortice che levita orizzontalmente sopra le loro teste, creando un flusso che si muove come un serpente verso i loro piedi.

Non appena il flusso d’acqua li raggiunge, avvertono un’energia potentissima entrare nel loro corpo e riempirgli vene di acqua pura, non riescono più a parlare né a muoversi, non percepiscono più il tempo scorrere e non percepiscono più la loro individualità, la loro soggettività, ma solo la limpida sensazione di far parte del contesto che li circonda nella sua unità e totalità. Improvvisamente si apre un varco nel loro torace da cui sgorga un enorme arcobaleno, che guizza rapidamente verso il cielo, fino ad arrivare in un altro sistema solare.

Timo e Darek si svegliano. Sono sdraiati a terra, vestiti. La macchina fotografica in pezzi a pochi metri da loro. Rumore di acqua scrosciante. Bocca secca. Si guardano in silenzio per alcuni minuti poi cominciano a parlare contemporaneamente: “hai dell’acqua?”