L'Amletico

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Climax: la danza macabra di Gaspar Noè

Regista: Gaspar Noè

Anno: 2018

Durata: 95m

Genere: Drammatico, Thriller, Orrore

Un nuovo film di Gaspar Noè non passa di certo inosservato: qualunque sia l'esito di pubblico e critica, ad ogni modo, fa parlare di sé. Così il quinto lungometraggio del regista argentino non è da meno. Noè ama provocare, o meglio, ama disturbare lo spettatore, scuoterlo violentemente cadendo spesso in un virtuosismo e barocchismo fine a sé stesso. 
Climax non si distanzia troppo da quanto già visto nella filmografia Noèiana, dalle tematiche allo stile. 
Un gruppo di ballerini si riunisce in pieno inverno in un locale dismesso in un bosco, per una prova di tre giorni in preparazione di una competizione negli Stati Uniti. Finito l’allenamento comincia la festa, ma l'atmosfera si elettrizza in un crescendo di tensione e follia. Qualcuno ha sciolto una grande quantità di droga nel punch, ma chi è stato? Si apre una spietata e drammatica caccia al colpevole. 
L'incipit è lento: la macchina da presa è fissa su una televisione che trasmette i provini dei ballerini, presentandoci sommariamente i protagonisti. Intorno alla tv, come ad incorniciarla, sono una serie di film e libri che Noè intende omaggiare, da Possesion di Zulawski a Suspiria di Dario Argento, passando per un libro di Fritz Lang, tutti nomi che intuiamo essere fondamentali punti di riferimento per il cineasta, che conferma nuovamente la sua cinefilia. 
La cinepresa comincia a muoversi a passo di danza, mostrandoci i ballerini intenti ad esibirsi in frenetici e sensuali balli. Ma è solo quando si comincia a brindare che il cineoperatore inizia a danzare letteralmente con gli attori, seguendoli in un vorticoso e labirintico viaggio infernale, che li porterà verso una degenerazione disumana, una vera e propria danza macabra.

Buone le performance attoriali, considerando anche che molti degli attori non sono professionisti; stupefacenti e travolgenti le coreografie, che diventano lo scheletro portante del film, facendone una sorta di Flashdance girato sotto l’uso di sostanze stupefacenti.

La musica e tutto il sonoro giocano un ruolo fondamentale nel film: i suoni martellanti accrescono lentamente la tensione, che sale man mano fino a degenerare nelle urla disperate che si odono in lontananza. Protagonisti assoluti della colonna sonora sono i Daft Punk, indiscussi maestri della musica elettronica e della french house. Anche i colori contribuiscono alla riuscita estetica del film: si tratta delle luci a neon tanto care al regista, quel rosso già protagonista in “Irreversible” e quel verde che caratterizzava “Enter the void”, colori desaturati che tendono ad ingrigire e ad acuire il senso di spaesamento e claustrofobia.

Dal punto di vista tecnico-registico non c’è dubbio che il film sia riuscito, ma, come spesso accade nel cinema di Noè, i limiti sono dietro l’angolo: l’estetica finisce per prevalere sul soggetto e il film diventa un puro esercizio di stile, senz’altro di qualità ma sterile. La storia, che ci viene presentata come vera, si scopre essere un’invenzione registica, ideata per dar sfoggio a un nichilismo ostentato che vuole riflettere sulla morte come esperienza straordinaria e sull’impossibilità del vivere in gruppo.

Un film riuscito a metà, che merita di essere visto sul grande schermo anche per gli straordinari effetti sonori, ma che si sconsiglia a chi è facilmente turbabile, evitando così l’ennesima prova perturbante e perversa di Gaspar Noè.

Gradimento Amletico: 6.8/10 (Interpretazione: 7/10; Regia: 6/10; Scenografia: 7.5/10)