L'Amletico

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Cioccolatini da Re alla confetteria Moriondo&Gariglio

Tende rosse coprono tutte le vetrine del negozio di cioccolatini in via del Pie' di Marmo 21. Che si nasconda un segreto? Non solo uno. E Piera Minelli, la titolare di oggi ma nella bottega dal 1965, è pronta a svelarli.

Pierina Minelli, titolare della cioccolateria Moriondo&Gariglio

Sig.ra Pierina, chi erano Moriondo e Gariglio?

Agostino Moriondo ha aperto questa attività nel 1850 in una cantina a Torino. Visto che andava bene, aveva bisogno di soldi per ampliare il negozio. Ha chiesto allo zio 12mila lire e lui gli ha risposto: “Va bene, ma solo se prendi mio figlio a lavorare con te come socio”. Ed era Francesco Gariglio.

Perché questa bottega è storica?

Perché la sua storia risale all'Unità d'Italia. Con la breccia di Porta Pia nel 1870, i Savoia si trasferiscono a Roma e così anche Moriondo e Gariglio. Il re si insediò al Quirinale e noi lo servivamo da via del Corso.

Quindi non siete stati sempre qui.

No, all’inizio eravamo in via del Corso, nell’1870 abbiamo aperto lì. Poi siamo finiti, nei primi anni del 1977, in via della Pilotta sotto Palazzo Colonna. Ringrazio ancora donna Isabella Colonna, che ci ha dato quel piccolo locale perché non voleva perdere i nostri cioccolatini per il suo salotto. Poi, nel 1992, abbiamo preso questo spazio perché in quello a via della Pilotta, essendo sotto un giardino, ci pioveva. Abbiamo provato a riparare noi, ha provato il principe, ma l’acqua continuava a filtrare.

Alcune botteghe non trovano altre sistemazioni e spariscono. Voi siete riusciti a proseguire.

Siamo stati resistenti.

Anche grazie all’amore dei clienti.

Esatto, abbiamo dei clienti bellissimi: tutta l’élite romana, italiana ed estera.

Avete avuto sempre clienti che appartengono all’élite?

Sì. Mio nonno, che non c’è più da tanti anni, mi diceva che dopo la guerra andava con la bicicletta fin su alla fontana di Monte Cavallo, al Quirinale, a portare i cioccolatini.

OBELISCO DEL POPOLO - Artigianato Artistico. Base di costruzione in pioppo e placcature in legno di arancio, leoni modellati in bronzo dorato

Che cioccolata usate?

Facciamo una nostra miscela di cacao di nostra produzione. Non usiamo additivi.

E il cacao dove lo acquistate? Dal Sud America?

Centro e Sud America. Lo prende mio figlio che si occupa del laboratorio.

Dove si trova?

È alle mie spalle.
Le posso offrire un cioccolatino?

Volentieri.

Cioccolatini Menta Milano, con cristalli di menta e cioccolata fondente. Sopra è impresso il marchio della cioccolateria

Il croccante com’è?

Ha pezzettini di croccante sminuzzato dentro.

Prendo quello.

Le piace fondente o al latte?

Fondente.

Eccolo a lei.

Sono un patito del cioccolato.

Il cioccolato è una cosa buonissima. È raro che non piaccia.

Barrette di cioccolato

E le “stelle d’oro”, invece, cosa sono?

A fine Ottocento viene a Roma un ragazzo di nome Carlo Enrico Cuniberti. Innamorato di questa attività, inizia a creare nuove ricette e tra le tante c'erano le 'stelle d'oro', che sono molto simili ai Baci Perugina d'oggi.

Un caso?

Non proprio. La Perugina aveva aperto un negozio in via Condotti e venivano sempre qui da noi a comprare i prodotti. Le stelle d'oro piacevano molto e le hanno copiate. E gli hanno dato un nome bellissimo: Bacio. Anche se all’inizio le chiamavano 'cazzotti'".

Cazzotti?

Un nome suggerito da uno dei loro clienti. Un giorno una signorina entra nel negozio della Perugina in via Condotti e chiede: 'Mi può dare due ‘cazzotti’?'. E un signore alle sue spalle le dice: 'Signorina, per lei due baci, non due cazzotti'”, racconta la signora Minelli. "È così che è nato il nome".

E invece il nome “stelle d’oro” come è nato?

Perché aveva deciso di farle solo per Natale e le copriva con una cartina coloro oro.

Stelle oro, gli antenati dei Baci Perugina

Sono belle anche le maschere di cioccolata.

Sì, quella è una mia invenzione. Una volta le ho portate a una manifestazione e mi hanno detto: “Ma che senso hanno?”. Ora le fanno tutti.

Fate parte di qualche associazione?

No. Soli soletti.

Ci sono tante cioccolaterie nel centro storico, non avete paura della concorrenza?

È vero, ce ne sono tantissime. E sono venuti più volte a dirmi: “Signora, perché non facciamo una società? Altrimenti potrebbe fallire quando apro”. Io ho risposto: “Ci penserò”. Come è finita? Loro hanno chiuso, io sono ancora qui.

Mi sembra di capire che sia a favore del libero mercato.

Io dico che tutti devono lavorare. Roma è grande, le città sono grandi e c’è posto per tutti. Noi serviamo la nostra clientela e basta.

E se un domani la sua attività non dovesse più avere la clientela?

Cambieremo lavoro. Ma io c’ho messo l’anima per non far scomparire questa attività.

Foto di Francesca Romana Albertazzi (link)

Avete resistito.

Ti racconto meglio. Quando la vecchia signora di via del Corso ha deciso di dar via il locale dove eravamo in affitto, siamo stati costretti ad andarcene. Io ho proseguito, lavorando da casa con mio figlio che aveva 7-8 mesi. Continuavo a servire donna Isabella Colonna: lei, tutti i giovedì, aveva il suo salotto con le altre contesse e io le portavo a casa i cioccolatini. Un giorno mi disse: “Piera, io non ti voglio perdere, perché il mio salotto ha bisogno dei tuoi cioccolatini tutte le settimane. Vai dall’amministratore e fatti dare qualcosa”. Così sono scesa giù e mi ha dato un piccolo spazio in via della Pilotta, aveva libero solo quello. Molto piccolo. E lì abbiamo ricominciato.

E oggi l'attività prosegue con suo figlio.

Cresciuto tra due seggiole e laboratorio. Ha acquisito tutto.

Vi piacerebbe portarla avanti per altre generazioni?

Sì. Mio figlio ha due bambini piccoli, chissà che un domani non si appassionino alla cioccolata.

Mentre mi avvicino all’uscita per pagare, noto una cassa molto vecchia.

Cassa National all’ingresso

Una "National". A che epoca risale?

È stata la nostra prima cassa, la usavamo quando eravamo a via del Corso. Pensi che è venuto il figlio della persona che l’ha fatta e mi ha chiesto: “Me la rivende?”. La voleva acquistare perché non se ne trovano più, ma io l’ho tenuta.