L'Amletico

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Amico fragile: la canzone più importante per De André

Di canzoni De André ne ha scritte molte, 131 per l’esattezza. Tanti i brani memorabili, i capolavori, le canzoni toccanti, quelle addirittura struggenti...

C’è una canzone su tutte che merita però l’attenzione degli affezionati deandreiani, una canzone che per vari motivi può essere considerata la più importante del cantautore, si tratta di Amico fragile.

Il brano fa parte di Volume 8, ottavo disco di Faber pubblicato nel 1975 e realizzato con l’aiuto di De Gregori, allora giovane promessa del cantautorato italiano. De André non stava vivendo un momento felicissimo sul versante creativo, il precedente album “Canzoni” era poco più che un disco riempitivo e conteneva solo tre inediti (tutti e tre traduzioni di brani di Brassens e Dylan).


Così Faber attinse nuova linfa vitale dal giovane collega e amico che scrisse sia diversi testi che la musica di alcune canzoni. Il risultato è un disco fra i più folk del repertorio del genovese, composto interamente in Sardegna.

Amico fragile è la chiosa perfetta dell’album, una coltellata che arriva dritta all'ipocrisia e al perbenismo di un ambiente disprezzato eppur frequentato da de André ("lo scandalo del contraddirmi" per dirla con Pasolini).
Ma bisogna raccontare la genesi di questa canzone per capirne il significato e il valore.

De André stesso raccontò in merito a questo brano: «Stavo ancora con la Puny, la mia prima moglie, e una sera che eravamo a Portobello di Gallura, dove avevamo una casa, fummo invitati in uno di questi ghetti per ricchi della costa nord. Come al solito, mi chiesero di prendere la chitarra e di cantare, ma io risposi “Perché, invece, non parliamo?”. Era il periodo che Paolo VI aveva tirato fuori la faccenda degli esorcismi, aveva detto che il diavolo esiste sul serio. Insomma a me questa cosa era rimasta nel gozzo e così ho detto: “Perché non parliamo di quello che sta succedendo in Italia?”. Macché, avevano deciso che dovessi suonare.
Allora mi sono rotto le palle, ho preso una sbronza terrificante, ho insultato tutti e sono tornato a casa. Qui mi sono chiuso nella rimessa e in una notte, da ubriaco, ho scritto Amico fragile. La Puny mi ha stanato alle otto del mattino, non mi trovava né a letto né da nessuna parte, ero ancora nel magazzino che finivo di scrivere.»

Un arpeggio ossessivo di chitarra alla Leonard Cohen dà il via alla canzone, la voce di Faber si adagia sulle note in un amalgama perfetta, e quell’incipit è già un capolavoro.
"Evaporato in una nuvola rossa, in una delle molte feritoie della notte..."
De André, che non narrava quasi mai in prima persona raccontando di sé stesso, si mette per la prima volta a nudo, complice l'ebrezza. Ma non bisogna pensare, come spesso accade, che questo brano sia frutto dell'alcool (è sempre avvilente per la creatività di un artista dare i meriti delle sue opere all'abuso di droghe e alcool!).
L'ubriachezza permette soltanto al cantautore di uscire dal carapace in cui si era rinchiuso, di svelare le sue debolezze e i suoi rancori.

"Con questa canzone sono riuscito a vincere il mostro, a vincere la strana entità che mi aggredisce e mi succhia per portarsi via una canzone".

Il testo è a tratti molto criptico perché ha a che fare con sue vicende personali, così risultano incomprensibili passaggi come "per osservarvi affittare un chilo d'erba ai contadini in pensione e alle loro donne/ e regalare a piene mani oceani e altre onde ai marinai in servizio". Più facilmente comprensibili i vari attacchi mirati, che risuonano come un rigurgito fegatoso; l'ironico "Lo sa che io ho perduto due figli? Signora lei è una donna piuttosto distratta", o il provocatorio e scabroso "potevo stuzzicare i pantaloni della sconosciuta / fino a vederle spalancarsi la bocca".
Amico fragile è la canzone più importante di De André perché è quella che lo rappresenta meglio, come artista ma soprattutto come uomo. Lui stesso disse in proposito: “Amico fragile è forse la canzone più importante che abbia mai scritto, sicuramente quella che più mi appartiene. Perché le canzoni che scrivo mi appartengono solo parzialmente”.

A testimonianza del legame e dell’affezione nei confronti di questa canzone, de André la canterà ad ogni concerto e serata dal vivo. Proprio in quel 1975 (il 15 marzo), all’età di 35 anni e con quasi dieci anni di carriera alle spalle, Faber si esibì per la prima volta live alla celebre “Bussola d’oro”, storico locale di Viareggio, al cospetto, oltre che del pubblico, del suo amico regista Marco Ferreri.

Vi proponiamo una versione Live di questa canzone, tratta dal tour Mi innamoravo di tutto del 1997-1998.

Sullo sfondo di enormi carte da gioco che fanno da scenografia, attorniato ad una band di livello altissimo, Faber canta con un trasporto incredibile, scandendo le parole così dure e pesanti una ad una, mentre arpeggia quella fedele chitarra, compagna inscindibile del cantautore.

“pensavo è bello che dove finiscono le mie dita

debba in qualche modo incominciare una chitarra”