L'Amletico

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Addio a Chris Cornell, custode del giardino del suono

19 Marzo 1990, Andrew Wood - Mother Love Bone

5 Aprile 1994, Kurt Cobain - Nirvana

5 Aprile 2002, Layne Staley - Alice In Chains, Mad Season

3 Dicembre 2015, Scott Weiland - Stone Temple Pilots, Velvet Revolver

17 Maggio 2017, Chris Cornell - Soundgarden, Temple of the Dog, Audioslave

Un triste elenco che mi suscita il classico pensiero, da una parte rassicurante, dall’altra doloroso, che la musica è immortale, fortunatamente.

Lo sanno bene, purtroppo, gli appassionati del grunge.

È una dura verità, ancor più dura quando si pensa alla tragicità con cui i grandi frontman di questo dannato genere musicale ci hanno lasciato, prematuramente e soprattutto inaspettatamente.

Sarebbe stato surreale, infatti, interpretare come un testamento i versi di “In My Time Of Dying” dei Led Zeppelin, cantati durante “Slaves And Bulldozers”, brano di chiusura dello show dei Soundgarden a Detroit la scorsa notte, l’ultima di Chris Cornell.

…Well, well, well, so i can die easy…Jesus going to make up my dying bed…” non era un semplice omaggio al famoso brano gospel americano reso poi celebre dai Led Zeppelin, ma preannunciava cosa sarebbe successo poche ore dopo nell’hotel dove Chris e la sua band alloggiavano.

Questa volta non è stata la regina delle droghe, l’eroina, tristemente associata al genere originario di Seattle, ma un suicidio inspiegabile, imprevisto, oscuro.

Ci lascia una delle voci più potenti e cristalline del genere grunge/rock, capace di esaltare pezzi come “Jesus Christ Pose” (Soundgarden), portando al limite la sua estensione vocale o macchiare con tonalità acide e dissocianti capolavori come “Black Hole Sun” (Soundgarden) o “Moonchild” (da solista).

Il giardino del suono ora è più splendente che mai e accoglierà per sempre la vasta eredità musicale che questo artista ci ha lasciato.

La sua natura più distorta e graffiante emerge con i Soundgarden mentre parallelamente prende vita il progetto più melodico e spirituale dei Temple Of The Dog (nato in ricordo del cantante dei Mother Love Bone, nonché coinquilino di Chris, morto per overdose), nel quale è accompagnato da alcuni membri dei Soundgarden e Pearl Jam, tra cui lo stesso Eddie Vedder, spalla in uno dei singoli più riusciti di quell’epoca, “Hunger Strike”.

Alla fine degli anni 90 inizia, con l’album “Euphoria Morning”, una notevole carriera solista che vedrà però anche momenti più bassi, sperimentando sonorità pop alquanto spiazzanti. 

Nei primi anni 2000 forma infine gli Audioslave, dove con gli ex membri dei Rage Against The Machine esplora territori del rock più classichegianti ma altrettanto intensi ed energici (il loro esordio “Cochise” ne è la prova e avrà sicuramente spolverato gli altoparlanti di molti impianti stereo).

Il ritorno nel 2012 (dopo lo scioglimento nel 97) dei Soundgarden con l’album “King Animal” fu sensazionale e ora quasi si prefigurava un nuovo lavoro, ma, ahimè, non resta altro che tanta amarezza.

Perché decidere di lasciare una carriera eccelsa ancora attiva, un pubblico fedelissimo, grandi artisti e compagni di vita, una moglie e ben tre figli?

Forse la musica non bastava più per esorcizzare il proprio malessere, forse gli ansiolitici presi in eccesso hanno causato effetti collaterali, quali istinti suicidi e paranoia, fatto sta che ancora una volta (per i seguaci del grunge) ci si ritrova a perdere tragicamente uno dei propri artisti di riferimento, come accaduto nel 2015 con Scott Weiland, nel 2002 con Layne Staley e via dicendo.

Vi proponiamo cinque brani live per rivivere e ripercorrere la carriera musicale di una delle voci più potenti del rock.